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Modern Love - 7

Presto, un terapista per le donne che dicono di volere un talebano

Valeria Montebello

Sono almeno 70 mila in un gruppo Telegram dove fantasticano di una possibile conquista del mondo liberale: una specie di pentimento, un’espiazione, un detox esistenziale. Citano il Corano e Avicenna, sognano un mix tra Sandokan e Siffredi

In questi giorni siamo tutti attenti a quello che sta succedendo in Afghanistan. Siamo indignati e vicini ai diritti delle donne musulmane che dovranno subire ogni genere di violenza, dalle mutilazioni genitali alla rimozione degli account Instagram, seguiamo la presa di Kabul da parte dei talebani come se fossimo lì, con il cuore che batte e lo sguardo incredulo. Ma c’è qualcuna che vorrebbe davvero essere presa dai talebani ed è la ceo di un’azienda tech di Londra. Insieme a lei molte altre. Sono almeno 70 mila in un gruppo Telegram dove fantasticano di una possibile conquista talebana del mondo liberale – e soprattutto di essere chiuse in un garage, stuprate e riempite di insulti per il resto dei loro giorni. 

Molte hanno classici profili social da donne bianche occidentali dove postano frasi di Zadie Smith o foto di borse di Gucci, ma poi, su Telegram, sostengono che i talebani potrebbero essere la risposta alla disfatta dei costumi contemporanei. Per loro sembra essere una specie di pentimento, un’espiazione, un detox esistenziale. Invece di andare al bar sotto casa a prendere un frullato pieno di antiossidanti scrivono: “Se hai pagato il caffè l’ultima volta che vi siete visti ma lui ha pagato il taxi, tu hai pagato i biglietti per quel concerto ma lui ha pagato la cena martedì, e conservi un registro dettagliato di tutte queste transazioni in un foglio di Microsoft Excel, forse hai bisogno di un terapista. O di un talebano!”. 

Cercano testi che provino la bravura dei talebani a letto come The Muslimah Sex Manual. A Halal Guide to Mind Blowing Sex, un libro scritto da una donna musulmana sotto pseudonimo. Riportano la regola evinta da alcuni versetti del Corano secondo la quale le donne avrebbero diritto al piacere sessuale: Maometto dice che se non sei soddisfatta almeno una volta ogni quattro mesi hai motivi per divorziare e cercare un partner diverso. “E io non godo da almeno un anno”, scrive Claire. 

Ma non tutti i consigli della sessuologia islamica che trascrivono nel gruppo sono invecchiati bene, come l’insistenza di Avicenna sul fatto che infilare un peperoncino nella vagina di una donna dopo un rapporto non protetto sia affidabile come la pillola del giorno dopo. “Ci ha provato ieri notte, gliel’ho messa come un gioco, lui doveva fare il talebano e io la prigioniera ma si vedeva che non era convinto”. E’ facile immaginare il copione: “Ti rapisco, ti lego al termosifone e ti do da mangiare e bere due volte al giorno”. “Ma due volte al giorno sono troppe, nemmeno in questa situazione riesci a essere meno civile e progressista?”. 

Nel gruppo cercano di scardinare l’idea del talebano troglodita sostenendo che l’Islam ha sempre portato avanti una tradizione di contro-narrazione. “Alla fine siamo stati noi a farli diventare meno liberi sessualmente”, dice Trish, una storica. Racconta che quando le potenze europee hanno iniziato ad avere il controllo diretto sulle terre islamiche nel 19esimo secolo, i pensatori musulmani hanno adottato una mentalità più chiusa e conservatrice nei confronti del sesso. 

Allo stesso tempo, però, ricadono nell’immaginario del talebano rude ma gentile, nello stereotipo del maschio Alfa violento ma comunque rispettoso dell’orgasmo femminile, una specie di mix fra Sandokan e Rocco Siffredi. Li paragonano continuamente ai loro uomini – per umiliarli – senza capire che il paragone è improprio. Commentando la foto che ritrae i talebani nel palazzo presidenziale sembra di leggere note sulla fashion week di Copenhagen: “Gilet, anelli d’oro, collo alla coreana, molto lino, colori della terra, camouflage. Qui sono anche vestiti meglio di mio marito”. 

Postano foto dei compagni e poi quelle dei talebani e scrivono: “Non c’è confronto. Come siamo cadute così in basso?”. Una delle foto raffigura la schiena del compagno di Susie: c’è un tatuaggio con un numero e il mondo vicino. Certo, se hai a che fare con uno che si è tatuato sulla schiena “il numero di giorni che ci restano perché abbiamo violentato questo pianeta eppure continuiamo le nostre vite come se non stessimo precipitando direttamente verso l’inferno” forse hai bisogno di un terapista. O di un talebano.

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