Una scena di Profumo - Storia di un assassino, film del 2006 diretto da Tom Tykwer, adattamento cinematografico del romanzo Il profumo di Patrick Süskind 

Il profumo ai tempi della mascherina

Valeria Sforzini

Isolamento, lockdown e nasi nascosti dietro i dispositivi di protezione. La perdita di olfatto non è solo un sintomo di positività al Covid. Con la pandemia, che fine hanno fatto i profumi? "Così è cambiato il modo di utilizzarli. E le aziende hanno investito soprattutto sulla ricerca”. Parla Dominique Moellhausen, giovane naso della storica azienda di essenze lombarda

Abbiamo provato tutti quella sensazione di toglierci la mascherina per un secondo, in una strada deserta, di respirare e di accorgerci dell’arrivo della primavera, o dell’odore di pioggia portato da un temporale imminente. Ci manca essere colpiti dalla ventata di aria calda appena si entra in un negozio e dal profumo del cuoio delle scarpe da uomo, o da quello avvolgente di creme per il corpo zuccherose. Abbiamo messo da parte per qualche tempo l’oud, il tabacco, il cardamomo e il patchouli, e con questi la voglia di sentirci attraenti e di sedurre. Ma abbiamo cercato di volerci bene e di amare l’ambiente nel quale ci siamo trovati a vivere ogni giorno, in qualsiasi contesto. Se Coco Chanel consigliava di indossare il profumo in ogni punto del corpo dove si desiderasse essere baciati, oggi a essere profumati sono il sapone per le mani, le candele e gli olii essenziali, per permetterci di vivere in un ambiente che ci faccia stare bene. Quelli che in gergo tecnico vengono chiamati profumi alcolici, ovvero le fragranze per il corpo, sono stati messi in stand-by per i primi mesi di isolamento: le aziende, dopo un primo momento di stallo, hanno virato sulla toiletterie (prodotti per i capelli e per il corpo), sfruttando questa fase per fare ricerca e sperimentare. 

 

"Nei primi mesi di isolamento, le persone si sentivano a disagio. Abbiamo iniziato a curarci meno, a lasciarci andare dal punto di vista estetico. I famosi 'sweatpants' spopolavano. La gente aveva bisogno di sicurezza, di sentirsi protetta e quindi ha scelto di rifugiarsi nei profumi che la facessero stare bene, che collegava ai ricordi più belli – spiega Dominique Moellhausen, giovane naso (28 anni) e vice-direttore R&D dell’azienda di famiglia Moellhausen, che da oltre 50 anni produce e distribuisce a livello globale materie prime industriali e specialità chimiche per la creazione di fragranze – Io non credo che il profumo alcolico abbia perso la sua valenza estetica. Ma se in tempi normali le persone tendevano ad acquistare profumi eccentrici e inusuali, da marzo hanno preferito rifugiarsi in essenze più accoglienti, che trasmettessero sensazioni positive. La vaniglia può piacere o meno, ma in tanti la associano a un ricordo felice. O ancora, le profumazioni balsamiche come il benzoino o le note calde, dolci e morbide come la fava tonka, che rendono un profumo più tondo".

  

 Dominique Moellhausen
   

Dominique Moellhausen non porta profumi: "Non smetterei mai di pensare, di cercare di intuirne le note – spiega – se una qualsiasi persona può spruzzarsi un’essenza e dimenticarsene, per me è impossibile. Dal lunedì al venerdì non posso indossare nulla, per non contaminare i prodotti sui quali sto lavorando, e il sabato e la domenica mi do tregua". Nata e cresciuta circondata dai profumi,  ha iniziato il suo percorso come naso quasi per caso. Il suo cognome racconta un insieme di origini differenti, tra Germania e Paraguay: il nonno, tedesco, ha fondato l’azienda in Lombardia ormai 54 anni fa. Moellhausen è nata per vendere materie prime provenienti da tutte le parti del mondo: olii essenziali dall’India e dal Sud America e molecole sintetiche. Con l’avvento della globalizzazione la famiglia si è concentrata sulla profumazione alcolica con una specializzazione su profumi di lusso e di nicchia, lavorando con aziende di 70 paesi. Dopo una laurea in International Business, Dominique Moellhausen si è formata al Grasse Institute of Perfumery e le sue creazioni le sono valse lo scorso dicembre il premio “Perfumer of the year” assegnato da BeautyWorld per il Medio Oriente. 

 

"Se c’è una cosa positiva che ha portato la pandemia è che le aziende hanno investito soprattutto sulla ricerca – continua – è cambiato il modo di utilizzare il profumo. La gente ha iniziato a fare le pulizie da sola e dovendo passare molto tempo all’interno delle case ha preferito profumi leggeri e fioriti, per vivere in un ambiente che sapesse di buono. I brand di lusso che offrivano un’esperienza anche olfattiva in boutique hanno trasferito queste sensazioni all’interno dei packaging per le spedizioni a casa". La scelta delle note e degli ingredienti è stata influenzata dalla necessità di detergere e dall’abbinare a ogni prodotto una proprietà battericida: "Abbiamo avuto tante richieste per fragranze balsamiche e l’utilizzo di olii essenziali come l’eucalipto o il tea tree oil ai quali si associano delle proprietà disinfettanti e che trasmettono un’idea di pulito". Anche dal punto di vista delle vendite, il 2020, contrariamente alle aspettative ha registrato un aumento: "Questo periodo di lockdown ha sdoganato l’acquisto su internet dei profumi. – spiega – Se prima si pensava che fosse necessario sentirli e provarli, oggi le aziende hanno adottato dei sistemi differenti per invogliare all’acquisto, come formati più piccoli a prezzi più bassi per permettere ai clienti di esplorare profumazioni nuove". Per sperimentare e volerci bene in vista di quando ci toglieremo le mascherine.

 

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