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Altro che toccata e fuga, la pandemia ha fatto scoprire quant'è bello vivere in campagna

Marianna Rizzini

“La quarantena ha fatto sì che molte persone prendessero coscienza che non era inevitabile vivere e lavorare in grandi città. Si cerca anche un luogo di benessere emotivo”. Parlano gli agenti immobiliari

Roma. Il rovesciamento del mondo causa coronavirus passa anche per uno scarto percettivo: in più parti d’Italia gli operatori immobiliari hanno notato (da telefonate e mail con richieste sempre più frequenti) l’inversione della tendenza precedente, quella degli ultimi anni: in campagna si cercava casa per brevi periodi, dal weekend alle due settimane e, tranne qualche caso, per lo più in ambienti ristretti, da parte di persone che potevano permettersi l’ancora raro lavoro da remoto, e si registravano poche richieste di affitti a lungo termine o acquisti di immobili non come seconda casa, ma come casa principale dotata di tutti gli spazi necessari alla vita in pianta stabile. E anzi, quando qualcuno pronunciava davanti agli amici, nei momenti in cui la città sembrava invivibile, la frase “quasi quasi vado a vivere in campagna”, spesso scattava il paragone ironico con la canzone di Toto Cutugno (“voglio andare a vivere in campagna…la città non mi piace più…”). E però l’impensabile assalto del virus, e la conseguente inversione della scala delle priorità, sta mutando anche la domanda immobiliare.

 

E’ quello che empiricamente ha notato (al telefono, anche prima della vera a propria riapertura delle agenzie immobiliari qualche giorno fa) Paola Berlenghini (agenzia immobiliare Welcomeservice), delegata per l’Umbria di Fiaip (Federazione Italiana agenti immobiliari professionali). “Sicuramente l’Umbria è una regione con caratteristiche diverse da altre, per la sua morfologia, prima di tutto, ma, a differenza degli anni passati, noto che molti italiani, romani soprattutto, hanno visto, in questa pausa forzata causa Covid, che è possibile uno stile di vita diverso. E che per alcuni aspetti questo stile di vita ha delle cose positive, permette piccoli ‘lussi’ nello spazio e nel tempo. E se prima ci si lasciava la metropoli alle spalle soltanto saltuariamente, per un fine settimana, rubando giorni all’agenda, con lo smartworking forzato molti hanno scoperto di non avere poi questo bisogno della città, a parte ovviamente la questione della sicurezza, che di per sé rende la campagna più appetibile. Nelle telefonate e mail ricevute in questi giorni, ho notato che il casale con camino, pergola, spazi esterni, addirittura piscina, è balzato in cima alla lista delle richieste anche per gli affitti lunghi o le compravendite, mentre prima si notava una preferenza per case più piccole, anche se in luoghi di grande attrattiva, per pochi giorni”. Con la permanenza prolungata, dice Berlenghini, si stabilisce un rapporto diverso “con il territorio, con i proprietari, con chi coltiva la terra, con la comunità locale. E’ come se ora si cercasse anche un luogo di benessere emotivo, benessere messo a repentaglio dall’emergenza”.

  

Si profila all’orizzonte, dunque, oltre a un incremento di chi pensa di trasferirsi fuori città in via definitiva, anche “l’affermarsi di turismo lento, di prossimità, regionale o dalle regioni limitrofe, specie nella fascia d’età 40-60 anni. E certo l’Umbria, vista la bassa densità di popolazione e la possibilità di immergersi nella natura, ha rappresentato, in questi mesi di lockdown, nell’immaginario di chi vive nelle grandi città non distanti, una delle alternative possibili alla vita della metropoli, con i suoi tanti spazi condivisi”. C’è persino il rischio che non si riesca, a breve, a soddisfare l’aumento della domanda, dovendosi riconvertire, anche come operatori, alla prospettiva di una recettività che non è più a brevissimo e breve termine.

 

Dalla Toscana David Santetti, delegato regionale Fiaip, conferma, sempre empiricamente, la tendenza di una ricerca di case “non soltanto per le vacanze”: “Si cercano case con ampi spazi esterni, per locazioni a lungo termine o per acquisti, non più bilocali o trilocali, la misura di chi voleva un posto che potesse servire da rifugio post lavoro. Anche il lavoro è stato forse vissuto in altro modo, e il mercato immobiliare fa da specchio”. A livello generale, dice il delegato nazionale Fiaip Luca Ronca, “la quarantena ha fatto sì che molte persone prendessero coscienza che non era inevitabile vivere e lavorare in grandi città. La campagna come soluzione abitativa in pianta stabile, di conseguenza, comincia a essere considerata in tutto il paese, specie in prospettiva di altri mesi di distanziamento sociale auspicato. Nel breve termine, intanto, specie nelle zone montane e lacustri, come per esempio attorno al lago di Garda, si assiste a un aumento della domanda di case per le vacanze di quest’anno. Magari per tutti e tre i mesi estivi, come accadeva per la villeggiatura di una volta”.

 

L’incognita, dice Ronca, è per le località di mare, ancora alle prese con le incertezze post lockdown.

Marianna Rizzini

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  • Marianna Rizzini
  • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.