Il nuovo pubblico della Disney e le polemiche inutili

Gianmaria Tammaro

Una Sirenetta nera non toglie niente a nessuno, tantomeno alla storia

Il problema, a quanto pare, è che questa nuova Sirenetta, questa del live action Disney, questa che ha la faccia (e la voce, e lo sguardo bellissimo) di Halle Bailey, non rispetterebbe l’immaginario comune. Il nostro immaginario. L’immaginario della nostra infanzia. La “nostra” Sirenetta ha i capelli rossi e la pelle bianca, e questa non c’entra assolutamente niente con il cartone animato che abbiamo adorato. Sorpresa, cari amici: di noi, del nostro immaginario e della nostra infanzia non importa a nessuno. Sorpresa numero due: è arrivato il momento di crescere. Se la Disney ha deciso di rimettere mano ai suoi più grandi successi animati e di farne una versione in live action, con persone di carne e ossa cioè, è perché cerca un nuovo pubblico. Quindi sì, sono diversi. Cambiano. Si affida ad altri attori, altri registi, altre idee. “Ma quella è la nostra Sirenetta!”. No, non è mai stata nostra. Ha fatto parte della nostra vita, è vero, e continuerà a farne parte; questa è una nuova Sirenetta, ed è giusto che sia così. Anche perché, sorpresa numero tre, non c’è nessun regno sotto gli oceani, non c’è nessun compendio che dica: le sirenette possono essere solamente in un certo modo.

 

E no, sorpresa numero quattro, non c’entra niente il politicamente corretto. Ultimamente sta diventando la scusa per qualunque cosa. Buonismo, politicamente corretto, paura di offendere. La Disney ha un’idea e un taglio editoriale chiari, e una visione da perseguire. Noi – e la nostra infanzia, e il politicamente corretto – c’entriamo poco. Nulla, anzi. Sul web si trovano delle tesi straordinarie, cose che, a leggerne, hanno anche una loro ragione: la Sirenetta era rossa per un motivo particolare, per una selezione di colori e di sfumature, per veicolare un messaggio. Va bene: e quindi? Confrontare un live action con la sua versione animata non ha senso; e rifare un film, sorpresa numero cinque, non vuol dire, per forza, rifarlo per filo e per segno. Anche perché, e lo capirete da soli, non è possibile.

 

Ah, è inutile anche citare Andersen e la sua favola: nemmeno il film animato la rispettava. Con Mulan, invece, il problema sembra essere opposto: è troppo fedele alla leggenda originale, quella cinese. E quindi mancano alcuni personaggi di finzione, creati nel cartone animato, come Mushu, il drago-guardiano-sveglia degli antenati. La gente, più seria che mai, ha detto: questa non è la vera Mulan. In realtà, sorpresa numero sei, questa è più vera dell’altra Mulan, molto più vicina alla sua cultura originale, alla Cina, alle storie che si sono raccontate. E poi, guardando il primo trailer, sembra anche un vero film: un action, un wuxai. Ma perché, si legge online, per Mulan hanno scelto un’attrice cinese, rispettando la storia, e per la Sirenetta no? Perché non ne hanno scelto una bianca, o nera? Perché, meglio ancora, non hanno scelto un uomo? Perché una ha delle basi precise, un riferimento preciso, e un’ambientazione vera. E l’altra no; l’altra è un prodotto di pura finzione, ambientato in un mondo immaginario, con personaggi immaginari.

 

Ma forse, ecco, il vero problema è un altro; il vero problema, qui, siamo noi. Noi coccolati, noi viziati, noi convinti che al centro di tutto ci siamo sempre e solo noi, e che la nostra idea – “il nostro immaginario” – sia quella più importante. L’unica che valga la pena ascoltare. No, sorpresa numero sette, non lo è. Contestualizziamo le cose, proviamo a raccontarle per come sono. Una Sirenetta di colore, nera, non toglie niente a nessuno. Non toglie nulla al film, soprattutto. E alla storia.

 

Ecco, sorpresa numero otto: un film è solamente un film. Se rivolete la vecchia “Sirenetta”, o la vecchia “Mulan”, non c’è problema. Esiste questa cosa, si chiama internet – sorpresa numero nove! – ed è piuttosto facile da usare. Potete comprare un dvd o un Blu-ray, o visitare una delle piattaforme streaming che ci sono.