Paura e delirio sull'Olimpo

Una cavalcata in quel mondo di pazzi, dementi e maniaci che erano i personaggi della mitologia greca. La recensione di Mythos di Stephen Fry, nell'unica rubrica che vi dice come parlare di libri (senza perdere tempo a leggerli)

Andrea Ballarini

Il libro di cui parliamo oggi è piuttosto curioso, in quanto è l’ennesima riscrittura della storia alla base della civiltà occidentale, e cioè la storia dei miti greci.

 

Per autonoma passione o perché ce la facevano sciroppare a scuola la storia di Zeus e dei suoi colleghi la conosciamo tutti. Cioè, più o meno. Anzi, meno di quanto si creda. Per rendersene conto basta leggere le prime pagine del libro di Stephen Frey. Apprenderemo così come gli dèi, chi più chi meno, siano tutti imparentati tra loro e come la gerarchia degli olimpici sia il frutto di centinaia di atti di violenza, soprusi, tradimenti e altre bellurie del genere.

 

Una delle cose che anche gli studenti meno brillanti avevano capito è che gli dèi greci hanno delle caratteristiche molto umane, sono preda di passioni, di amori, di odi esattamente come noi, solo che loro sono dei e quindi non rischiano quello che rischiamo noi mortali se ci facciamo trascinare dagli istinti. Loro non muoiono, al massimo fanno incazzare Zeus e si beccano qualche migliaio di anni di punizione sepolti nelle grotte del Tartaro, ma tanto loro sono immortali, quindi millennio più, millennio meno... Certo, se sei un semplice fauno può capitare che ti trasformino in una pianta o in un cervo e allora butta decisamente peggio.

 

Frey è un personaggio straordinario, perché oltre ad essere uno straordinario attore inglese, è anche un uomo molto spiritoso e dalla cultura mostruosa e ci racconta le storie dei miti greci con una fantastica disinvoltura. Tanto per fare un esempio, parlando di Nemesi, sorella di Discordia e personificazione della giustizia distributiva, non esita a dire che Nemesi era quello che era Holmes per il Professor Moriarty, James Bond per Blofeld o Jerry per Tom. Se a scuola me l’avessero spiegata così la mitologia sarebbe stata la mia materia preferita.

 

Insomma il libro di Stephen Frey è una divertentissima cavalcata in quel mondo di pazzi, dementi e maniaci che erano i personaggi della mitologia greca; e, anche se lo sapevamo già, vedere come gli dèi praticassero con la più assoluta disinvoltura una serie sconvolgente di nefandezze e turpitudini, dall’infanticidio, all’incesto sistematico, all’antropofagia e così  via, fa una certa impressione e spiega piuttosto bene come mai il mondo attuale si trovi nella condizioni in cui è: con un corredo genetico di quel tipo...

 

Un’altra cosa per cui Mythos si fa raccomandare è la sua capacità di ritrovare tracce di quel mondo apparentemente così lontano nella quotidianità del linguaggio. Nelle sue oltre 400 pagine i riferimenti etimologici non si contano e così scopriamo, che so, che cereali viene da Cerere, che era il nome romano della Luna. Oppure apprendiamo come è stato inventato il miele e come poi sia diventato la bevanda degli dèi e abbia dato origine al pungiglione delle api, che quando lo usano poi muoiono: uno scherzetto di quel permaloso di Zeus.

 

Insomma, Mythos è una lettura spassosissima e dalla quale si esce, anzi si uscirebbe arricchiti se mai lo leggeste, anche se mi rendo conto che più di quattrocento pagine sono impensabili. Ma per far credere di averlo letto basta che raccontiate come le Eumenidi o le Furie siano nate dal sangue sgorgato dagli zebedei di Urano, dopo che suo figlio Crono glieli aveva tagliati con un falcetto e nessuno vi chiederà altro.

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