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Le dichiarazioni

Bernini contro il boicottaggio a Israele: "Gli accordi con gli atenei sono canali di dialogo"

Redazione

La ministra dell'Università torna sulla scelta delle università di Torino e Pisa di interrompere le collaborazioni con quelle di Tel Aviv: "L’università non può entrare in guerra. La ricerca e l'alta formazione sono uno strumento di pace"

"Le collaborazioni delle università, anche con regimi dittatoriali, quali Cina, Iran, Corea del Nord, ecc, sono canali di dialogo. La ricerca scientifica non ha nulla a che vedere con le prese di posizione tra due parti di un conflitto", ha detto la ministra dell'Università Anna Maria Bernini, che ai microfoni di Radio 24 è tornata sulla scelta di alcuni atenei di interrompere la collaborazione scientifica con i colelghi israeliani.

Il caso, anche politico, è nato dopo la decisione della Normale di Pisa di “riconsiderare" il bando Maeci di cooperazione Italia-Israele. Qualche settimana prima era stato il senato accademico dell'università di Torino - il primo in Italia - a decidere di sospendere la collaborazione con le realtà accademiche israelianeOggi, inoltre, è prevista la riunione del senato accademico dell'università Bicocca di Milano che si pronuncerà sul tema. 

   

   

"L’università non può entrare in guerra, la logica del conflitto non appartiene all’università. La ricerca, l’alta formazione, l’arte sono strumenti di pace", ha ribadito Bernini. "È un errore etichettare le università da una parte o dall’altra che compromette la neutralità culturale e scientifica di atenei che nascono per essere aperti non per boicottare", ha spiegato la ministra. "Le collaborazioni vanno inserire nel giusto contesto perché stiamo parlando di bandi che passano attraverso l’attività del governo oltre alla libera autonoma valutazione delle università".

  

 

Sul clima di tensione che sta attraversando gli atenei italiani, da Bologna a Roma fino a Napoli, la ministra ha poi chiarito che "le università sono autonome però se ci sono dei disordini nelle università il mio primo interlocutore oltre al rettore è il ministro dell’Interno e il capo della Polizia. Bisogna chiamare le cose con il loro nome - ha aggiunto - Chi manifesta è uno studente o un collettivo? Chi commette atti come sfondare una vetrata, rompere delle porte, impedire a qualcuno di parlare sono reati dentro o fuori delle università e come tali vanno trattati".

  

Intanto in settimana sono attese mobilitazioni nelle principali università, mentre il 16 aprile il Fronte della gioventù comunista e collettivi si sono dati appuntamento a Roma in occasione della riunione del senato accademico della Sapienza per convincere l'ateneo a seguire la strada di Torino e Pisa e sospendere i progetti di ricerca con Israele. 

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