voci nel deserto della scuola

Si torna alla Dad? Perché gli studenti sono il sacrificio perfetto

Agostino Miozzo

Con l'aumento dei contagi si è tornati a parlare di didattica a distanza. Cronaca di una morte annunciata in cui a pagare il prezzo più alto saranno nuovamente i nostri ragazzi 

Un grande romanzo di Gabriel García Márquez, Cronaca di una morte annunciata, racconta di una vicenda tragica: l’intenzione di compiere un crimine resa nota a molti, ma nessuno, pur immaginando il drammatico epilogo, si mobilita per evitare il disastro. Ho la netta percezione che l’ipotesi della didattica a distanza, quale percorso inevitabile in una situazione di grave crisi, riproponga lo scenario dello splendido lavoro di Márquez. Tutti sanno qual è la minaccia, ma pochi si mobilitano con sostanziali azioni necessarie a evitare che la minaccia diventi realtà.

I fatti sono noti ai più, ormai anche il giornalaio del quartiere ci sa snocciolare le cifre dei contagi quotidiani, divise per fasce d’età, numero dei decessi, percentuale di occupazione dei posti letto di terapia intensiva e nei reparti di malattie infettive. Il colore delle regioni è ormai l’incubo permanente per ristoratori e negozianti che vedono la possibilità di restrizioni al loro lavoro in un momento nel quale la vita e l’economia sembravano tornare alla normalità. Le coperture vaccinali sono note a tutti in termini assoluti e relativi, come è noto il fatto che la variante Omicron dilaga soprattutto nelle fasce di popolazione più giovane che al momento hanno un tasso di copertura vaccinale ancora relativamente basso.

Il mio barista commentava qualche giorno fa i dati dell’indagine Invalsi sugli effetti della didattica a distanza nell’apprendimento scolastico e la mia dottoressa di famiglia mi riferiva del numero di bambini che lei sta indirizzando allo psicologo o addirittura a reparti di neuropsichiatria infantile. Ben noti sono gli episodi sempre più frequenti di tentavi di suicidio, autolesionismo, gravi sindromi psicotiche, depressive o di altro genere che interessano i nostri ragazzi. Tutte notizie note, fatti di cui ormai tutti discutono e che fanno parte dei commenti preoccupati di genitori e ragazzi, come nota è la responsabilità principale di questi drammi: l’obbligo per milioni di ragazzi a essere isolati per settimane e mesi all’interno della propria “capanna”, alle prese con un impersonale e anonimo strumento informatico attraverso il quale dialogare virtualmente con il mondo, ma in verità non ci si confronta con nessuno.

Le nostre istituzioni annunciano interventi risolutivi dichiarando che la ripresa della scuola dopo le vacanze natalizie sarà in presenza, che la Dad di fatto sarà un evento remoto e poco probabile. Siamo invece tutti consapevoli che, mutuando il romanzo di Márquez, la Dad è di nuovo la cronaca di una tragedia annunciata. A novembre è stata emessa una circolare dai ministeri della Salute e dell’Istruzione che pur essendo tecnicamente precisa era apparsa sin da subito poco applicabile, farraginosa e contorta. Molti dubbi sono stati avanzati da dirigenti scolastici sulla difficoltà di rendere applicabile quel complesso di valutazioni sul numero di contagi, di tamponi, quarantene, definizioni di contatti stretti etc. etc.
In previsione della riapertura della scuola ho sentito annunci che invocavano l’intervento del generale Figliuolo cui si pretende di far portare non solo la croce del sistema sanitario del paese aggravato da decenni di abbandono, ma anche il fardello di un altro sistema devastato dall’incuria e dall’abbandono, la scuola.
Il buon generale ha dato indicazione ai suoi uomini di mettersi a disposizione per organizzare team di pronto intervento nelle scuole, in grado di fare qualche tampone qua e la, in caso di cluster epidemici. E questo faranno, ma niente più, visto che la maggior parte del lavoro dovrebbe essere di competenza del sistema sanitario locale che al momento nuota in cattive acque. L’evoluzione della pandemia ci dimostra che con centinaia di casi per centomila abitanti al giorno è saltata qualsiasi possibilità di monitoraggio o di contact tracing. Le immagini di centinaia di persone in fila per fare i tamponi davanti alle farmacie o ai centri preposti allo scopo sono eloquenti. Si salvano al momento le strutture sanitarie ospedaliere e la campagna vaccinale.

Ora si prevedono modalità nuove per ipotesi di contatti o di casi positivi in classe: se si tratta di un caso, due casi o più, i vaccinati in auto sorveglianza, i non vaccinati in Dad, ma anche tutti in Dad, poi il tampone a 7 giorni, a 10 giorni, molecolare, ma anche antigenico forse va bene lo stesso, la mascherina Ffp2 solo per alcuni casi ma non è certo per tutti i docenti… Ovviamente nessuna novità su trasporti e altre variabili arcinote a tutti ormai da mesi, in quanto variabili critiche per la diffusione del virus.

I pediatri stanno lanciando grida d’allarme da mesi; più volte abbiamo invocato la necessità di una task force dedicata, e molti si sono spesi per richiedere un’attenzione dedicata alla scuola con il recupero di una forma di sanità scolastica. Voci nel deserto, nello stesso deserto da cui però si sentono politici locali che chiedono la chiusura della scuola per tutto il mese di gennaio, qualcuno ha già deciso di posticipare al 10 l’apertura e non al giorno previsto che è il 7. Anche qui si annuncia il teatrino patetico e ben poco rassicurante che mette in scena la distanza tra gli indirizzi del governo e le autonomie locali.

Fra una settimana rischiamo di raggiungere le duecentomila unità di contagi al giorno, a quel punto non ho ragione di dubitare che la prima vittima sacrificale sarà ancora una volta la scuola perché è ben noto che sono gli studenti i principali diffusori del virus e solo loro devono essere penalizzati. Con buona pace di quanti fanno vaccinazioni farlocche, finte iniezioni di questo o quel vaccino, acquistano su internet green pass fasulli e fanno fare da medici compiacenti interminabili certificati di malattia. Ma è ovvio anche di questo sono responsabili gli studenti, per cui è bene che restino a casa, tanto per il momento non votano, a loro penseremo fra qualche anno.

 

Agostino Miozzo, già coordinatore del Cts

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