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diario di un prof

Dietro al volto di un insegnante si nasconde un mistero profondo

Marco Lodoli

Guardare i colleghi in sala professori e accorgersi che ognuno di loro porta con sé un romanzo, un racconto misterioso che fa tornare in mente una frase di Federico Fellini: "Tutti sono interessanti"

La profondità si nasconde in superficie, scriveva Hugo von Hofmannsthal, ed è vero, è proprio così, le persone più profonde sanno essere lievi, lasciando che l’intelligenza e la sensibilità affiorino in superficie come guizzi di delfini. Ho avuto la fortuna di conoscere e frequentare Federico Fellini negli ultimi anni della sua vita. Mi diceva: “Domani vado a Cinecittà a spagliacciare”: che verbo meraviglioso! E ricordo che un giorno doveva vedere negli studi sulla Tuscolana molte persone per dei provini, per scegliere delle facce tra tanti attori e tanta gente comune. Il giorno dopo gli chiesi ingenuamente se aveva trovato qualche profilo giusto, qualche persona interessante. Mi guardò con un sorriso stupito: “Tutti sono interessanti”, rispose. Questa frase mi è rimasta in testa per sempre. Tutti sono interessanti, ogni viso contiene il mistero della vita, al mondo non c’è nemmeno una persona che non meriti la nostra attenzione, il nostro ascolto, che non sia a modo suo un’eccezione nell’indistinta regola umana. 


Le parole di Fellini mi frullavano nella mente mentre stavo nell’aula insegnanti, in un buco orario tra una lezione e l’altra. Attorno al grande tavolo c’erano molti professori, chi ripassava gli appunti, chi correggeva i compiti, chi aspettava e basta: i professori, spesso visti come una categoria un po’ depressa, vagamente grigia e piatta, genericamente scontenta. E invece ognuno di loro, in quella saletta, conteneva un mondo misterioso, una vita strana e unica. Guardavo Michele: ex giocatore di pallacanestro, ha giocato in serie B e ora la sera allena i giovani di una squadra di provincia, mi racconta che per adesso i risultati ancora non arrivano, ma il gruppo sta crescendo. Insegna con passione Matematica, i risultati ancora non arrivano, ma la classi stanno crescendo. E poi c’è Roberta, professoressa di Chimica e Tecnica dei materiali. Ha dieci figli, una tribù. E’ profondamente religiosa, ma senza nessuna pretesa di convincere gli altri, della sua fede non parla mai. Ogni volta le chiedo come fa a fare la spesa, come sposta la famiglia quando devono viaggiare, com’è casa sua, quanti letti ci sono, come fa a organizzare un’esistenza così affollata. Un’altra vita bella e misteriosa. Dagli studenti pretende molto, e a poco a poco il loro livello migliora. Poi c’è Filippo, uno dei due vicepresidi. Mi racconta spesso della sua giovinezza punk a Centocelle, dei mille concerti che ha visto al Forte Prenestino e all’Uonna Club, dei giorni e delle notti passati in strada, dei giubbotti di pelle e delle creste colorate. Dopo o durante il punk si è laureato in Architettura, ha insegnato a lungo Matematica e ora dirige la nostra succursale ed è responsabile del sostegno. Marika è una delle insegnanti di sostegno, nella nostra scuola ce ne sono parecchie perché molti sono gli studenti con qualche disabilità, leggera o grave. Mi racconta che è nata in Romania e fino a cinque anni è vissuta in un villaggio senza luce elettrica e senza telefono, senza nemmeno l’acqua corrente. Poi i genitori sono scomparsi e lei è stata trasferita in un orfanotrofio, dove è rimasta fino a undici anni, quando una famiglia italiana l’ha adottata. Si è laureata in Psicologia e ora lavora con noi, durante le mie lezioni sta seduta accanto a una ragazza che ha tanti problemi, e cerca di aiutarla in ogni modo. Serena invece è stata una brillantissima studentessa della Luiss. Calabrese, bella, caparbia, preparatissima, laureata a pieni voti, avrebbe potuto lavorare in qualche banca d’affari a Londra, guadagnare un fracco di soldi, e invece, per le strane giravolte dell’esistenza, sta qui a Torre Maura, e insieme a Filippo dirige la nostra scuola con polso e sensibilità. C’è anche Giovanna, adesso, nell’aula insegnanti. Lei è arbereshe, cioè viene dall’antica comunità albanese che abita da secoli in Italia, in paesetti sparsi tra la Campania, la Calabria, la Sicilia e la Puglia. E c’è anche Celeste, che porta ancora un orecchino al naso a testimonianza del suo passato dark: anche lei laureata in Psicologia, il fine settimana lavora al bancone delle birre in un centro sociale, per alzare due soldi in più.


E in mezzo a tutti loro, affaccendati o pensierosi nell’aula insegnanti, ci sono anche io: ogni tanto mi dico che forse avrei doluto fare lo scrittore a tempo pieno, come hanno fatto tanti altri, scrivere più libri, andare in giro per promuoverli meglio, ma so che non è vero, so che il mio posto è qui, nella scuoletta di Torre Maura, a insegnare italiano e storia, a cercare di far amare la bellezza ai ragazzi, so che qui sto bene, perché anche qui come ovunque tutti, professori e studenti e bidelli, sono così interessanti…  
 

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