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Estate da bambini ricchi e poveri

Redazione

Accorciare le vacanze scolastiche può servire a chi ha meno chance educative

"L’Italia non si stanca mai di essere un paese arretrato". E’ la citazione di Vitaliano Brancati con cui ieri, sul Foglio, il professor Sabino Cassese chiudeva un’intervista in cui rifletteva sui problemi della scuola. L’Economist, che spesso addita l’Italia come paese arretrato, anche riguardo al suo sistema di istruzione, per una volta invece non ce l’ha con noi. In un editoriale interessante, ha parlato di quel che accade, ad esempio, alla Cadoxton Primary School di Barry, città industriale del Galles, allorché scattano le vacanze e la scuola si trasforma in una dispensatrice di attività estive e di pasti in mensa. In Gran Bretagna le vacanze scolastiche durano sei settimane, meno delle dieci, di media, canoniche dell’Italia. Ma in una società evoluta, quelle sei settimane evidenziano, e peggiorano, un gap sociale, sostiene l’Economist. Mentre per le famiglie ricche e culturalmente progredite le vacanze sono occasione di viaggi, di scuole di lingua all’estero, di esperienze formative, per le famiglie meno abbienti sono fonte di costi (più baby-sitter, ad esempio) e di stress: dove spedire i figli, come impegnare il loro tempo? Resta qualche offerta parascolastica, qualche campo estivo low cost. E molto tempo sprecato o non sfruttato adeguatamente. La lunga estate scolastica, anziché un’opportunità di crescita, diventa un momento in cui il divario tra bambini e adolescenti con possibilità di accesso a esperienze di arricchimento, e coetanei che ne hanno meno, si accentua.

 

E’ un’osservazione che vale per la Gran Bretagna, ma vale evidentemente anche per altri paesi e soprattutto per l’Italia, che forse anche a causa del clima e delle lunghe estati infinite, o del retaggio sociologico di un paese a lungo agricolo, in cui l’estate era anche partecipare al lavoro familiare nei campi – nonché per la cattiva organizzazione del tempo-lavoro degli insegnanti – ha mantenuto lo schema “almeno due mesi” di vacanza. In Italia, soprattutto nelle città, vanno forte gli oratori estivi (ora orribilmente denominati Grest) che sono anche una buona cosa, ma rientrano nella logica di supplenza a quello che il sistema dell’istruzione non sa offrire. Forse anche per noi, come suggerisce l’Economist, è ora di ripensare il meccanismo, scaglionare diversamente il tempo della vacanza e introdurre la possibilità di stage, o di corsi coordinati dalla scuola che offrano la possibilità di acquisire punteggi o crediti, o esperienza, anche ai ragazzi che non hanno la possibilità di farlo autonomamente. E’ un investimento sul futuro di tutti.

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