Ursula von der Leyen - foto Ansa

Cattivi scienziati

Criticare von der Leyen su Pfizer è un conto. Ma usare il caso per delegittimare i vaccini è da stolti

Enrico Bucci

Il caso che riguarda la presidente della Commissione europea pone degli evidenti problemi di malagestione della cosa pubblica. Ma non ha niente a che vedere con l'efficienza dei vaccini. Un ripasso della vicenda, tappa per tappa

Quando si pretende di nascondere troppo a lungo la polvere sotto il tappeto, finisce che, a tirarla fuori, provvedono i tuoi nemici al momento opportuno. È esattamente quanto sta accadendo in questo momento alla commissione europea, e in particolare a chi la presiede – Ursula Von der Leyen – a causa della sua discussa tendenza a gestire questioni anche della massima importanza e sensibilità, come appunto è stata la fornitura dei vaccini in piena emergenza Covid-19, in maniera personalistica, senza attenzione e rifiutando di render conto del modo in cui lo si è fatto e delle forme, credendo che queste siano separabili dalla sostanza.

 

 

Una questione pluriennale, quindi vecchia, ma ancora irrisolta, viene ora risollevata al momento delle elezioni dagli avversari politici per fini più che evidenti ma soprattutto ben prevedibili; e così, senza che vi siano fatti nuovi, un’ondata di articoli sulla stampa di tutto il mondo ricostruisce una vicenda che ancora non ha soluzioni e contorni ben definiti, ma che nella sua gestione poco trasparente, anzi del tutto opaca, è già comunque un sintomo di cattiva capacità di chi vorrebbe candidarsi a di un secondo mandato di presidenza (e di chi la ha strenuamente difesa in passato, senza però portare fatti). Ecco quindi innanzitutto una breve ricostruzione, a beneficio di quei lettori che non abbiano ancora contezza di quanto è stato.
 

Tutto è iniziato ad aprile 2021, quando il New York Times rivelò che la Von der Leyen aveva gestito la trattativa per la fornitura di vaccini Pfizer direttamente con il CEO dell’azienda scambiando numerosi SMS con lo stesso; trattativa, si badi bene, che ha portato a un contratto di fornitura ancora oggi secretato e per un’entità che si stima aggirarsi al di sopra di 30 miliardi di euro, ma anche in questo caso senza che si sia mai riusciti a sapere nessun dettaglio.
 

Ora, il contenuto di quegli SMS – di rilevante e ovvio interesse pubblico, almeno quanto il contratto – non è mai stato rivelato; anzi, la Commissione Europea ha risposto così goffamente alle richieste dei giornalisti, che Emily O’Reilly, Ombudsman responsabile per la trasparenza della stessa Commissione, intervenne già a febbraio 2022 richiedendo indagine approfondite per ritrovare i messaggi scambiati, fino ad arrivare a luglio del 2022 a una chiara accusa di cattiva amministrazione nei confronti della Commissione Europea per i suoi dinieghi, le sue scuse e ancora la totale mancanza di cooperazione e trasparenza.
 

Per tutta risposta, la Commissione ancora si barricò dietro parole davvero inaccettabili, come quelle di ottobre 2022, quando il vice presidente Margaritis Schinas dichiarò che sebbene il Parlamento Europeo avesse diritto ad accedere ai dettagli dell’accordo, certi segreti commerciali andavano preservati, o incredibili, quali quelle della commissaria per la salute, Stella Kyriakides, che a marzo 2023 si spese in inverosimili dichiarazioni circa l’assenza di ogni ruolo della Von der Leyden nella trattativa.
 

Di fronte a questo muro, la procura europea non è rimasta a guardare: fin da ottobre 2022, ha riconosciuto di aver aperto un’indagine per vederci chiaro sulla trattativa commerciale con Pfizer, e la corte europea ha ricevuto poi a giugno 2023 una richiesta di intervento da parte di un lobbista belga (Frédéric Baldan) che già ad aprile dello stesso anno aveva richiesto di investigare a una corte di Liegi; nello stesso anno, azioni parallele del governo ungherese, di quello polacco e del New York Times si sono accumulate, tutte centrate sulla mancanza di trasparenza nella trattativa con Pfizer e sul muro opaco eretto dalla commissione a riguardo dei presunti SMS scambiati fra il CEO di quella azienda e Ursula Von der Leyen.
 

Questa è, riassunta in breve, la vicenda che da anni va trascinandosi a causa soprattutto della totale mancanza di trasparenza di un’istituzione che proprio della trasparenza dovrebbe fare una bandiera; ma, come si noterà, nell’ennesima questione denominata “Pfizergate” da antivaccinisti e cospirazionisti vari (ve ne sono state diverse denominate così) di molto, molto serio vi è un’apparente malagestione della cosa pubblica e (forse) delle finanze europee, non certo gli inossidabili dubbi e fattoidi circa efficacia e sicurezza del vaccino Pfizer.
 

Anzi: la tendenza a sottintendere anche fatti dei quali per ora non c’è traccia di prova, oppure persino chiaramente del tutto falsi, non deve farci dimenticare né quante vite siano state salvate e con quale magnifico risultato della ricerca scientifica, né che in piena crisi, quando nemmeno si sarebbe come si sarebbe evoluta una pandemia devastante, era logico che ci si approvvigionasse di vaccino che solo il tempo potrebbe eventualmente rivelare essere in eccesso (meglio comunque che in difetto).
 

Dunque ben venga il processo politico a questa Commissione per la sua  omertà e irritante noncuranza dei cittadini e persino dei suoi stessi organi di vigilanza; ben venga un’indagine della magistratura volta ad accertare se vi sono stati crimini (ricordo che al momento non vi sono ufficialmente indagati, nemmeno von der Leyen); no però al tira e molla fra populisti e sovranisti per dichiarare la nuova verità antivaccinista, sempre senza prove, solo perché stiamo entrando in campagna elettorale o – peggio – perché questo è un tema utile ai nemici interni ed esterni dell’Europa.