La meraviglia che producono le immagini del cosmo di Euclid

Giovanni Battistuzzi

L'Esa ha diffuso le prime cinque foto dell'Universo scattate dal telescopio spaziale che è pronto a creare la più estesa mappa 3D del Cosmo

A osservare il cielo dalla Terra, abbiamo da sempre avuto la sensazione che là, fuori da quella che abbiamo imparato a chiamare atmosfera, ci fosse qualcosa di sterminato e incredibile. Quello che potevamo vedere era qualche luce, una minuscola anticipazione di quello che poi avremmo iniziato a scoprire.

Questa curiosità non ha nulla a che fare con la scienza. Ha a che fare con la sorpresa, o meglio con la volontà di farci sorprendere, il meravigliarci di fronte a qualcosa che crediamo talmente lontano da essere inavvicinabile. Va così da sempre, dalla prima persona della storia che si è posto la domanda perché siamo qui?. Questa curiosità, fortunatamente, in qualcuno si è trasformata in esigenza di conoscenza e quindi in scienza, ma rimane ancor oggi qualcosa di minoritario, marginale forse. I più guardano ancora il cielo e ci vedono, quando si esce dalle città, quel cumulo di luci di sempre.

Questa voglia di meravigliarci è ritornata d’attualità dopo la pubblicazione da parte dell’Esa delle prime cinque immagini scientifiche scattate dal telescopio spaziale Euclid. C’è chi dice che siano immagini rivoluzionarie e che in esse ci siano le tracce della materia e dell'energia oscure, che occupano il 95 per cento del Cosmo, e che Euclid, grazie a queste fotografie darà la possibilità agli scienziati di rispondere a diverse domande alle quali la fisica ancora non riesce rispondere.

   

L’ammasso del Perseo (foto Esa)
    

La maggior parte delle persone che ha osservato le immagini di Euclid però non ha nessun interesse ai problemi della fisica e non sa trarre alcuna conclusione da quelle foto. Rimane lo sbigottimento per qualcosa di mai visto, e poco importa se sfuggirà l'importanza di ciò che abbiamo di fronte. Quelle immagini hanno un altro beneficio, la capacità di riproporre l'affascinazione che avevamo per lo spazio quando da bambini ci mettevamo a guardare il cielo e le stelle. Rinvigoriscono l’esigenza dell’abbandono all’affascinazione, alla constatazione che là fuori, anni luce da qui, qualcosa c’è, che è immenso, a tal punto da renderci, per una volta, del tutto incapaci di prendere posizione, di avventurarci in teorie campate in aria.

   

   

Quando nel 1970 il fisico premio Nobel Richard Feynman spiegò che “una buona parte dei problemi che vediamo, percepiamo, nella nostra società è legata alla convinzione, o meglio alla presunzione, delle nostre conoscenze e non a ciò che non conosciamo”, in molti allora, scienziati e commentatori americani, lo accusarono di straparlare e di snobismo. Feynman sottolineò che “conoscere qualcosa non significa poter conoscere tutto e che l’esistenza di un universo che potrebbe ribaltare molte delle nostre convinzioni è ciò che ci può salvare dal contagio di una pericolosa stupidità istruita”. Feymann in una conferenza al Mit di Boston ribadì che “nulla è meglio del meravigliarsi”, perché ci rende consapevoli “che la nostra conoscenza è piccola. Può crescere, certo, ma soltanto se siamo consapevoli che ciò che sappiamo è poco e ciò che c'è fuori è molto”. Chiuse rivolgendosi a due giovani studenti: “Meravigliatevi, è la cosa più intelligente che possiate fare”.

Le immagini di Euclid, che è pronto a creare la più estesa mappa 3D dell'Universo, servono in fondo a questo. A farci meravigliare per qualcosa che non conosciamo.

 

Immagine ad alta risoluzione della galassia a spirale IC34 (foto Esa) 

 

Di più su questi argomenti: