Il personale di una farmacia di Londra prepara rimedi omeopatici (Foto di Peter Macdiarmid/Getty Images) 

Cattivi Scienziati

L'unica utilità dell'omeopatia è come placebo

Enrico Bucci

Una nuova ricerca dimostra che l’omeopatia individualizzata (consulto più rimedio) porta a un miglioramento dei sintomi dell’ADHD. Ma dimostra anche che le goccine non servono a nulla, e l’effetto benefico è legato a una sorta di psicoterapia artigianale

Di tanto in tanto, un nuovo studio clinico mette alla prova l’efficacia dei rimedi omeopaticiL’ultimo della serie è stato appena pubblicato su una rivista chiamata “Journal of Integrative and Complementary Medicine”, dedicata a tutte le cosiddette terapie complementari ed alternative, la quale è diretta da un gruppo di editori accademici considerati di tutto rispetto fra i naturopati, gli omeopati e altri promotori di pratiche similari. Si tratta di uno studio randomizzato condotto su tre gruppi di bambini con una diagnosi di disordine da deficit di attenzione e iperattività (ADHD): un gruppo ha ricevuto un prodotto omeopatico dopo l’appropriato consulto, uno ha ricevuto un placebo dopo lo stesso consulto ed il terzo ha ricevuto il trattamento usuale, con un po’ più di 40 pazienti in ciascun gruppo. Cosa è stato trovato alla fine dello studio clinico? Nelle parole degli autori: “I risultati sono generalmente coerenti con una recente metanalisi che ha concluso che l’omeopatia individualizzata ha mostrato un effetto clinicamente rilevante e statisticamente robusto nel trattamento dell’ADHD. Analogamente alla metanalisi, gli autori hanno scoperto che l’omeopatia individualizzata (consulto più rimedio) ha portato a un miglioramento dei sintomi dell’ADHD. Tuttavia, i dati suggeriscono che questo effetto non è dovuto alla componente dell’intervento consistente nel rimedio”.

 

Attenzione, perché la frase rivelatrice è l’ultima: nonostante sia stato rilevato un certo beneficio clinico associato al protocollo omeopatico, questo non è assolutamente legato al rimedio utilizzato, bensì è da ricondursi esclusivamente al consulto. Dunque, è dimostrato in maniera lampante da un gruppo di ricercatori e clinici non certo avversi all’omeopatia che, almeno nella ADHD, la pillolina o le goccine prescritte e vendute a caro prezzo (in rapporto a ciò che contengono) non servono assolutamente a nulla, e l’eventuale effetto benefico è legato ad una sorta di psicoterapia artigianale, quella che i bravi medici dispensano in ogni caso ai propri pazienti (e su cui tutti i propositori di terapie integrative e complementari giocano moltissimo).

 

Questo non solo ci dice qualcosa dell’omeopatia, ma soprattutto suggerisce come il sempiterno mantra di tutti i medici coscienziosi, ovvero la miglior gestione possibile del rapporto medico-paziente, è parte integrante della cura nella condizione esaminata; non proprio una novità, che forse non necessitava di un ennesimo studio clinico su una pseudoscienza per essere dimostrata. Ma il risultato è ristretto alla condizione esaminata? Non esattamente. Uno dei più prominenti e controversi sostenitori dei trattamenti cosiddetti complementari nel Regno Unito, il compianto George Lewith, guidò per esempio a suo tempo una simile sperimentazione su una condizione molto più diffusa, ovvero l’artrite reumatoide, pubblicando poi il risultato di uno studio clinico randomizzato insieme ad altri colleghi nel 2010.

  

Ebbene, come desumibile dal titolo dell’articolo pubblicato, l’unico beneficio dimostrabile per i pazienti, anche nel caso di specie, derivava dal consulto omeopatico, non certo dai rimedi utilizzati. Forse, quindi, esiste una strada per separare l’effetto utile dell’omeopatia dalle sciocchezze, una strada di gran beneficio per i pazienti e per le loro tasche: abbandonare la trattazione pseudoscientifica e magica con cui si vorrebbe spiegare il suo funzionamento, accettando una volta per tutte la realtà, ovvero la sua utilità come placebo in una serie appropriata di condizioni croniche, per le quali i pericoli immediati non siano elevati, o di condizioni dalla risoluzione spontanea. In quelle condizioni, concentrandosi sull’ascolto e sul conforto e buttando via le inutili scatolette zuccherine, fornendo magari qualche prodotto meno costoso e meno simile all’olio di serpente per supportare l’effetto placebo, si otterrebbe un utile controllo dei sintomi, senza necessità di diffondere tossine cognitive e di allontanare le persone dalla realtà chimico-fisica del mondo.

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