contro il pessimismo verde

La battaglia sull'ambiente si combatte a colpi di innovazione: l'esempio delle polveri sottili

Enrico Bucci

Grazie ai progressi tecnologici effettuati per limitare l'emissione di polveri sottili, nel mondo sono stati evitati due milioni di morti tra il 2011 e il 2019. Uno studio da sballo pubblicato dal gruppo Nature

Diciamoci la verità: credere e seguire la scienza è la miglior medicina per superare l’ecoansia di destra e di sinistra sull’ambiente e sul clima. E oggi c’è una buona notizia su cui vale la pena riflettere che riguarda un’espressione che ha riempito per anni le pagine dei giornali: le polveri sottili. Facciamo un passo indietro. Gli effetti sulla salute associati all’esposizione alle cosiddette “polveri sottili” (PM2,5) sono noti e sono ovviamente significativi. Studi epidemiologici hanno dimostrato una correlazione significativa tra livelli elevati di particelle fini e mortalità prematura. Altri effetti importanti associati all’esposizione alle particelle sottili includono il peggioramento delle malattie respiratorie e cardiovascolari, malattie polmonari, diminuzione della funzionalità polmonare, attacchi di asma e alcuni problemi cardiovascolari come attacchi di cuore e aritmia cardiaca. Fra gli individui particolarmente sensibili all’esposizione alle particelle sottili si annoverano innanzitutto i bambini e gli anziani, e poi coloro che soffrono di determinate patologie croniche, come le malattie cardiache e polmonari. 

 

E’ da tempo noto che le emissioni derivanti dalla combustione di benzina, petrolio, gasolio o legno producono gran parte del PM2,5 presente in atmosfera. Per questo motivo, una volta che molte entità, nazionali e sovranazionali, hanno stabilito con chiarezza quali fossero i limiti di esposizione giornaliera per gli esseri umani, e una volta che tali limiti sono stati fissati legislativamente, si è implementata una serie di accorgimenti tecnologici allo scopo di rientrare nei limiti indicati, che hanno riguardato sia la modifica delle condizioni di combustione e dei carburanti utilizzati, sia l’assunzione di procedure di filtraggio specifiche e di monitoraggio del particolato, così da limitare le combustioni in caso di sforamento.

 

Nonostante le ovvie indicazioni epidemiologiche, la resistenza all’adozione di contromisure da parte di particolari gruppi di interesse non è stata poca; il negazionismo e tutte le usuali strategie di “dubbificazione” sono stati utilizzati per intralciare e rallentare l’adozione di legislazioni appropriate. Si è dovuti arrivare al 2005 per la prima applicazione su larga scala delle misure previste, di prevenzione, e il processo non è stato completato prima del 2010, ovvero oltre un decennio dopo la chiara definizione di rischi e limiti da parte degli scienziati dell’Epa. 

 

Nonostante diverse dispute legali, il miglioramento delle tecnologie – ecco la notizia – ha portato a diminuire nei paesi avanzati le emissioni di polveri sottili: i livelli ambientali di “particolato fine” negli Stati Uniti e in Canada, ad esempio, sono diminuiti del 64 per cento dal 1981 al 2016. Allo stesso tempo, però, l’esposizione alle polveri sottili è peggiorata in Asia a seguito della rapida industrializzazione e urbanizzazione. Sia la crescente esposizione che la rapida crescita della popolazione in Asia hanno portato a un aumento costante del carico sanitario globale associato al PM2,5 almeno nel periodo 1990-2010, particolarmente in Cina e India, ma soprattutto hanno per lungo tempo di gran lunga vanificato gli effetti dovuti alla riduzione di emissioni da parte di Stati Uniti, Europa e altre nazioni più ricche. Tuttavia, a partire dalla fine del 2010, anche la Cina ha implementato misure più rigorose per alleviare il grave inquinamento atmosferico, con conseguenti riduzioni sostanziali di PM2,5 ponderate in base alla popolazione. Inoltre, stanno emergendo prove che il tasso di crescita del PM2,5 e del carico totale di aerosol sta rallentando in altre regioni chiave, tra cui India, Nordafrica, medio oriente, Africa centrale e Amazzonia, in associazione con lo sviluppo sia economico che legislativo di quelle regioni. 

 

A questo punto, è d’obbligo una domanda: la riduzione delle polveri sottili atmosferiche anche nei paesi suddetti, a partire dal 2010, è stata priva di effetti rilevanti, come sostenevano per esempio i camionisti americani che minimizzavano gli effetti sulla salute di questo tipo di emissioni? E gli eventuali effetti sono locali o globali, come ci aspetta per il particolato fine, in grado di diffondersi ampiamente in atmosfera? Uno studio appena pubblicato su Nature offre buone notizie. Un gruppo di ricerca guidato da Randall Martin, Raymond R. Tucker, Distinguished Professor presso la McKelvey School of Engineering della Washington University di St. Louis, ha esaminato i dati delle polveri sottili dal 1998 al 2019. La rigorosa analisi appena pubblicata, basata su dati di inquinamento rilevati da satellite a una definizione di circa 1 km quadrato, ha mostrato che l’esposizione globale a PM2,5 ponderata per la popolazione, correlata sia ai livelli di inquinamento che alle dimensioni della popolazione, è aumentata dal 1998, è arrivata a un picco nel 2011, per poi diminuire costantemente dal 2011 al 2019, in gran parte per effetto della riduzione in Cina e del diminuito ritmo di crescita delle emissioni in altre regioni.

 

Questi dati di esposizione correlano con evidenti benefici per la salute globale: oltre 2 milioni di morti premature sono state evitate nel periodo dal 2011 al 2019, di cui 1,1 milioni nella sola Cina, mentre in Europa le morti attribuibili direttamente alle polveri sottili sono calate del 45 per cento nel solo periodo 2005-2020, una percentuale ancora maggiore che in Cina, a causa dell’adozione di limiti protettivi oltre un decennio prima. Il ritardo tra adozione di un limite ed effetti su salute e mortalità offre speranza per un’ulteriore diminuzione delle morti globali. Naturalmente, come sostengono gli autori dello studio qui discusso, i successi nella riduzione del PM2,5 servono a dimostrare i benefici nella mitigazione della loro emissione, giustificando gli sforzi per un’ulteriore mitigazione ovunque nel mondo e in particolar modo in quelle aree del mondo che ancora mostrano ampi margini di miglioramento.

 

Abbiamo qui la dimostrazione del fatto che, quando si superano le inevitabili resistenze a cambiamenti che hanno impatto positivo sull’ambiente e sul clima e un costo economico più o meno alto, è necessario superare le opinioni e i dubbi interessati che sempre sorgono, perché i benefici possono essere molto ampi e immediati. La scienza indica la via delle cose da fare e anche quella delle soluzioni da adottare, come nel caso delle emissioni di PM2,5: è necessario superare l’opposizione dei conservatori di destra per quel che riguarda la prima parte, e dei conservatori di sinistra per quel che riguarda la seconda, e sfruttare le risorse razionali e la forza economica di cui oggi disponiamo – domani chissà – per arginare i problemi creati da un grosso mammifero ad alta produzione entropica che ha occupato il pianeta in miliardi di esemplari.

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