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Cattivi Scienziati

Serve uno sforzo maggiore per contrastare le nuove varianti di Covid-19

Enrico Bucci

Ora che le mutazioni alfa, beta, gamma, delta e omicron hanno smentito l'idea che il virus muti poco, gli studi ci indirizzano verso un uso massiccio di anticorpi monoclonali per bloccare Sars-CoV-2

La prima fase della ricerca di rimedi contro Sars-CoV-2 ha puntato sull’identificazione della migliore immunità che fosse possibile raggiungere contro il virus allora circolante, che si usasse un vaccino per indurla o un anticorpo monoclonale come mezzo passivo. In sostanza, si è cercato di ottenere mediante i vaccini un mix di anticorpi che neutralizzasse nella maniera più efficiente possibile il virus, oppure di isolare alcuni di questi potenti anticorpi dal plasma dei soggetti infettati, per poi produrli su scala industriale.
Questo tipo di approccio si basava su un concetto importante: quello che Sars-CoV-2 fosse un virus in grado di mutare poco, cioè che esponesse agli anticorpi usati contro di esso più o meno sempre gli stessi antigeni. L’idea di una bassa capacità mutazionale del virus era consolidata: a luglio 2020, per esempio, ci si chiedeva su Science addirittura il perché il virus evolvesse così poco. In ogni caso, la bassa velocità di emersione di nuove mutazioni riscontrata era presentata come una solida evidenza a favore dei vaccini allora in sviluppo, i quali erano ottimizzati per riconoscere la variante Wuhan, da cui il virus non si credeva si sarebbe discostato poi molto.


Questo è stato uno degli abbagli più diffusi e dei pronostici peggiori fatto dalla comunità scientifica, anche perché veniva incontro ad un desiderio di rassicurazione condiviso da tutti: l’idea di credere che un tasso di evoluzione di nuovi mutanti osservato prima dell’applicazione di una pressione selettiva, dovuta tanto all’immunità di popolazione che a quella vaccinale, potesse riflettere quanto sarebbe avvenuto, una volta che la selezione operata dal nostro sistema immune avesse avuto il tempo di operare su larga scala. Da allora, abbiamo appreso la vera natura di Sars-CoV-2, in grado di avvicendare nuovi varianti immunoevasive in poche settimane, come è avvenuto per Omicron BA.1, rimpiazzata da BA.2, a loro volta in via di sostituzione da parte di BA.4 e BA.5. Questa scoperta, ormai consolidata, avrebbe dovuto spingere immediatamente ad un nuovo, massiccio sforzo di investimenti e di ricerca per ottenere dei vaccini e degli anticorpi monoclonali per i quali non fosse ottimizzata la capacità neutralizzante nei confronti di un ceppo, ma invece la capacità di agire su quanti più virus diversi possibile. Si tratta dei famosi vaccini pan-coronavirus e dei corrispondenti anticorpi monoclonali; anche se sono in sviluppo, lo sforzo di investimento è stato sin qui minore e l’attrito del mercato maggiore, con i grandi attori già presenti che tentano di non buttare a mare i vaccini precedenti.


In un nuovo studio, i ricercatori hanno confrontato le risposte anticorpali suscitate in 21 persone che si erano riprese da Covid-19, 10 persone che erano state recentemente vaccinate contro Covid-19 (due dosi di vaccino a RNA) e 15 con l'immunità ibrida di entrambi. Le persone con immunità ibrida hanno mostrato lo spettro più ampio di anticorpi migliori, in grado di neutralizzare o bloccare cinque varianti di SARS-CoV-2 (alfa, beta, gamma, delta e omicron), Sars-CoV-1, un coronavirus del pangolino e uno dei pipistrelli. Invece, nessun anticorpo dei gruppi con sola vaccinazione o sola infezione neutralizzava tutti i virus. A partire da due donatori con immunità ibrida, sono stati isolati 30 fra gli anticorpi più potenti e a più ampio spettro, molti dei quali hanno anche neutralizzato i coronavirus di pipistrello e pangolino. Questi anticorpi dovevano il loro ampio spettro di azione al fatto di legare una porzione della proteina Spike particolarmente conservata nei coronavirus, vicina al dominio RBD ma non sovrapponibile a quella legata di preferenza da vaccini e anticorpi monoclonali correnti.

Per dimostrare che gli anticorpi potevano effettivamente influire sulla capacità del sistema immunitario di combattere diverse varianti di Sars-CoV-2 e altri coronavirus, i ricercatori hanno trattato dei topi esposti a Sars-CoV-2, Sars-CoV-1 o al virus del pipistrello con tre degli anticorpi più potenti. Per tutti e tre i virus, i topi che erano stati trattati con gli anticorpi avevano livelli di virus significativamente più bassi nei polmoni rispetto ai topi di controllo. Questo significa che non solo potremo disporre di migliori anticorpi monoclonali, ma anche, ancora una volta, che esistono antigeni da utilizzare per i vaccini molto migliori degli attuali e da cui si possono ottenere prodotti a più ampio spettro di azione. Una nuova conferma di risultati che si stanno ottenendo da un pezzo; quando decideremo davvero di compiere uno sforzo come quello di inizio pandemia, allora potremo ottenere in pochi mesi i prodotti che ci servono per contrastare le nuove varianti.

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