(Foto di Ansa) 

La pandemia da un'altra prospettiva

L'Africa e il Covid: il piano vaccinale rischia di finire nel dimenticatoio

Giovanni Rodriquez

Aspen, l’unica casa produttrice del continente, potrebbe chiudere. Tra disinformazione e malattie più letali, la domanda di vaccini contro il Sars Cov-2 è ridotta rispetto alla produzione 

Uno degli obiettivi dell’Oms era riuscire a vaccinare contro il Covid entro giugno 2022 il 70 per cento della popolazione mondiale. A meno di un mese dalla scadenza del termine, a che punto siamo? Tra i paesi dell’Unione europea, la quota di vaccinati è del 73,5 per cento. Ma in Africa solo il 17,4 per cento della popolazione ha ricevuto la doppia dose di vaccino, il dato più basso tra tutti i continenti. E no, il problema principale non è quello a cui di è portati a pensare: non si tratta cioè delle carenze nelle forniture di vaccini. Ad oggi, infatti, il problema principale riguarda la capacità di coinvolgere la popolazione nelle campagne di vaccinazione. 


Un caso emblematico è quello della Aspen Pharmacare in Sudafrica, la principale casa farmaceutica del continente. Aspen è titolare di un accordo con la Johnson & Johnson per la produzione del vaccino contro il Covid e beneficiaria di un finanziamento internazionale per produrre vaccini in Africa. Eppure le linee produttive sono prossime alla chiusura. Questo perché non è stato ricevuto alcun ordine del vaccino Aspenovax: incredibilmente manca la richiesta.  

Nonostante una narrazione che sembra essersi fermata allo scorso anno, i paesi africani non lottano più contro la carenza di vaccini ma con problemi logistici, campagne di sensibilizzazione e mancanza di personale qualificato. Anzi, uno degli ostacoli maggiori per Aspenovax, l’unico vaccino prodotto in Africa, ha riguardato il fatto che sono giunte molte donazioni di altri vaccini dalla comunità internazionale portando così a un eccesso di offerta rispetto alla (scarsa) domanda della popolazione africana di proteggersi contro il Covid. Il quadro attuale dimostra, tra l’altro, la sterilità del dibattito sulla sospensione dei brevetti per poter estendere la produzione dei vaccini in Africa. L’incremento della produzione è infatti arrivato grazie ad accordi siglati da aziende farmaceutiche con i produttori di quei vaccini già approvati dalle migliori agenzie regolatorie globali (Fda ed Ema). Esattamente come accaduto per Aspenovax in Africa. A ciò va inoltre aggiunto che BioNTech, che ha prodotto il vaccino a mRna Pfizer, ha sviluppato un nuovo tipo di fabbrica di vaccini per l’Africa. Ha miniaturizzato tutti i processi necessari alla produzione in un’unità modulare. La fabbrica, composta da due gruppi di sei container, può essere caricata su camion, aerei, navi o treni. Una volta sul posto, il cosiddetto “BioNTainer”, contenente i 50 mila passaggi necessari per la produzione del vaccino potrà essere assemblato per una produzione plug-and-play. I primi container arriveranno in Ruanda e Senegal nella seconda metà del 2022 e potenzialmente anche in Sudafrica.


Ma nonostante un costante aumento dell’offerta vaccinale, a contribuire alla scarsa adesione c’è una diffusa disinformazione, trainata anche dal ridotto numero di morti per Covid che qui è stato inferiore rispetto ad altre aree. Secondo un’analisi dell’Oms, infatti, l’Africa ha rappresentato solo l’8,3 per cento dei 14,9 milioni di morti in eccesso nel mondo durante la pandemia, nonostante abbia il 16,7 per cento della popolazione globale. Il basso tasso di mortalità è probabilmente dovuto al fatto che l’Africa è il continente più giovane, con un’età media di 19,7 anni contro i 42,5 dell’Europa. Nella maggior parte del continente si lotta contro la malnutrizione, la malaria, il colera, la febbre gialla, il morbillo. Il Covid sembra non rientrare più tra le priorità per la popolazione. Ancor di più dopo la diffusione di Omicron e delle sue sottovarianti, caratterizzate da una minore letalità. 


Tutto questo però rappresenta un fattore molto rischioso dal momento che lasciare esposta una fetta così ampia della popolazione mondiale può senza dubbio favorire lo sviluppo di nuove varianti del virus. Per incrementare la diffusione dei vaccini sono state avviate campagne di vaccinazione mobili, in cui team di medici visitano le comunità e offrono dosi di vaccino in loco. Tuttavia, molti paesi africani non possono permettersi questi veicoli, il carburante necessario, i sistemi refrigeranti per la conservazione dei vaccini e gli stipendi per i medici necessari a campagne  su vasta scala. 


Resta il fatto che l’Africa non può permettere che la produzione locale di vaccini cada nel dimenticatoio e che la popolazione resti scoperta nella sua quasi totalità. Il problema dunque resta, ma cambia totalmente la prospettiva con la quale lo si è affrontato nell’ultimo anno.

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