Manifestazione contro la guerra a Mosca (foto Ap)

cattivi scienziati

Il coraggioso appello di 5mila scienziati russi contro l'invasione dell'Ucraina

Enrico Bucci

Hanno firmato una lettera con cui chiedono a Putin di interrompere il conflitto. Per questo rischiano tantissimo. Lasciarli soli sarebbe imperdonabile

Conosco e ho stima di molti ricercatori e accademici russi. Colleghi che, per esempio, non hanno esitato a firmare con me le lettere a The Lancet per denunciare l’inaccettabile mancanza di trasparenza e le strane manipolazioni di dati che hanno accompagnato la pubblicazione dei risultati clinici del vaccino Sputnik promosso dal fondo RDIF, capitanato ovviamente da uno degli oligarchi del regime di Putin e oggi bersaglio delle sanzioni occidentali. Colleghi che, anche autonomamente, nella stessa occasione hanno sollevato obiezioni in nome della trasparenza scientifica e dell’integrità della ricerca, esponendosi certamente a rischi che noi qui non corriamo, dato che sono residenti in Russia e parte di università di quel paese.

Ho poi studiato, e continuo a studiare, su eccellenti testi e articoli scritti da ricercatori russi, la cui pulizia formale e la cui sintesi logico-matematica sono fonte di ispirazione e certamente dovrebbero essere esempio da insegnare per molti dei loro colleghi occidentali, soprattutto in tema di rigore e metodo. Questa comunità intellettuale, contrariamente a quanto la polarizzazione che gli eventi bellici inevitabilmente creano spingerebbe a credere, non è oggi silente: una lettera che ho ricevuto da un collega russo, che al momento conta oltre 5000 firme di scienziati e giornalisti scientifici di quel paese, mi ha in particolare colpito, e credo che meriti di essere diffusa a tutti. Ecco il testo, tradotto come ho potuto dal russo.

“Noi, scienziati e giornalisti scientifici russi, eleviamo una forte protesta contro le ostilità lanciate dalle forze armate del nostro Paese sul territorio dell'Ucraina. Questo passo fatale porta a enormi perdite umane e mina le basi del sistema consolidato di sicurezza internazionale. La responsabilità di aver scatenato una nuova guerra in Europa spetta interamente alla Russia. Non c'è una giustificazione razionale per questa guerra. I tentativi di usare la situazione nel Donbass come pretesto per lanciare un'operazione militare non hanno alcuna credibilità. È chiaro che l'Ucraina non rappresenta una minaccia per la sicurezza del nostro Paese. La guerra contro di essa è ingiusta e francamente insensata.

L'Ucraina è stata e rimane un Paese a noi vicino. Molti di noi hanno parenti, amici e colleghi scientifici che vivono in Ucraina. I nostri padri, nonni e bisnonni hanno combattuto insieme contro il nazismo. Scatenare una guerra nel nome delle ambizioni geopolitiche dei vertici della Federazione Russa, spinti da dubbie fantasie storiografiche, è un cinico tradimento della loro memoria. Rispettiamo lo stato ucraino, che si basa su istituzioni democratiche realmente funzionanti. Trattiamo la scelta europea dei nostri vicini con comprensione. Siamo convinti che tutti i problemi nelle relazioni tra i nostri paesi possano essere risolti pacificamente.

Dopo aver scatenato la guerra, la Russia si è condannata all'isolamento internazionale, alla posizione di paese paria. Ciò significa che noi scienziati non saremo più in grado di svolgere normalmente il nostro lavoro: del resto, condurre ricerca scientifica è impensabile senza la piena collaborazione con i colleghi di altri paesi. L'isolamento della Russia dal mondo significa un ulteriore degrado culturale e tecnologico del nostro Paese in totale assenza di prospettive positive. La guerra con l'Ucraina è un passo verso il nulla.

Siamo amareggiati nel renderci conto che il nostro Paese, insieme ad altre repubbliche dell'ex Unione Sovietica, che hanno dato un contributo decisivo alla vittoria sul nazismo, è ora diventato l'istigatore di una nuova guerra nel continente europeo. Chiediamo l'arresto immediato di tutte le operazioni militari dirette contro l'Ucraina. Chiediamo il rispetto della sovranità e dell'integrità territoriale dello Stato ucraino. Chiediamo pace per i nostri paesi.

Gli estensori di questa lettera rischiano in gran parte conseguenze personali, perché la grandissima parte di essi vive e lavora in Russia. Eppure, nonostante censura, minaccia e insensata propaganda, hanno sentito il bisogno di estendere queste poche, chiare parole, rivolte al mondo, certo, ma anche e soprattutto di esempio per il resto della comunità scientifica. Queste parole chiamano tutti a pronunciarci con la stessa chiarezza su un punto fondamentale: la pace non è semplicemente il punto di arrivo di una guerra, ma la condizione indispensabile perché la collaborazione fra i membri della comunità scientifica possa portare al mantenimento e accrescimento dell’edificio della conoscenza umana.

Non solo: l’isolamento dei cittadini e dei ricercatori russi, che certo non meritano più di noi né la guerra né il regime di Putin e del suo entourage di oligarchi, è l’ennesima, crudele e controproduttiva conseguenza di una guerra. La comunità accademica italiana si oppose al fascismo con poco più di una decina di firme; i colleghi russi stanno firmando a migliaia contro questa guerra insensata voluta dal regime che governa nel loro paese. Lasciarli soli sarebbe imperdonabile, quanto lo fu abbandonare al loro destino gli antifascisti un secolo fa.

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