Foto EPA/ALAA BADARNEH via Ansa 

cattivi scienziati

Perché non si può applicare il metodo scientifico alla biodinamica

Enrico Bucci

Il metodo biodinamico è infarcito di aspetti non matematizzabili, ed è volutamente così: astrologia, influenze eteriche, forze sottili e quanto altro non hanno nulla a che fare con la scienza

Una delle più frequenti accuse rivolte dai sostenitori della biodinamica alla grande maggioranza dei ricercatori, che si oppone al finanziamento pubblico di ricerche scientifiche sulla stregoneria inventata da Steiner, è che in realtà bisognerebbe investigare con metodo scientifico la pratica, lasciando da parte le follie del suo fondatore, a causa delle numerose voci che proverrebbero dal mondo agricolo, esprimendo soddisfazione per quanto ottenuto. È antiscientifico, si dice, rifiutarsi di mettere alla prova le credenze dei biodinamici, perché significa chiudere gli occhi di fronte a possibili successi; in aggiunta, esistono nel mondo studiosi che, armati di cospicui finanziamenti pubblici, anche da decenni conducono studi comparativi fra metodo convenzionale, biologico e biodinamico, oppure esaminano le proprietà conferite ai campi dall’uso dei preparati di Steiner e così via. Questo tipo di ragionamenti fa molta presa sul pubblico, e contribuisce ad alimentare la visione di uno scientismo dogmatico che sarebbe diffuso fra i ricercatori ortodossi; un utilissimo punto di partenza per poi portare acqua al mulino di quelli eterodossi e alle idee di agricoltura, medicina, trattamenti e pratiche alternative di ogni genere.

Vale la pena quindi, per l’ennesima volta, dimostrare come questo ragionamento sia capzioso e sostanzialmente fallato, per quanto attragga come le mosche al miele tutti coloro che disperatamente vogliono credere a visioni di ogni genere. Quando si usa una risorsa limitata come il denaro pubblico destinato alla ricerca, infatti, è particolarmente importante evitare errori ovvi di distribuzione, cercando in tutti i modi di salvaguardare quel poco che arriva alla ricerca scientifica utile da quanto si tenta di indirizzare a destra e a manca, profittando dell’apparenza di scientificità di pseudoscienze nate per confondere il pubblico e su quello prosperare.

 

Innanzitutto, è bene ricordare che la ricerca scientifica, pur libera, non necessariamente corre a investigare qualunque ipotesi, comunque formulata, cioè non insegue la famosa teiera di Russell, ma ha bisogno di alcune precondizioni. La prima è che l’ipotesi su cui si intende lavorare sia sottoponibile a metodi di indagine sperimentale, tali che si possa condurre un’analisi formale (cioè matematica) non solo dei risultati ottenuti mettendo alla prova l’ipotesi stessa, ma anche delle sue assunzioni di partenza, dei metodi sperimentali e di campionamento e della dimostrazione del risultato a partire dai dati. La scienza, come chiaramente identificato da Galileo, matematizza il mondo; e se l’ipotesi che si intende indagare non è riconducibile a una precisa risposta quantitativa ottenuta con un metodo a sua volta matematizzabile, non siamo all’interno di un dominio che possa essere dalla scienza investigato.

Ora, nonostante tutte le affermazioni volte a confondere il pubblico, la biodinamica è sostanzialmente infarcita di aspetti non matematizzabili, ed è volutamente così: astrologia, influenze eteriche, forze sottili e quanto altro sono tutte parole che non corrispondono che a vaghe intuizioni e che risuonano in qualche modo con una sorta di intuizione poetica, ma nulla più. Senza questo surplus di vaghezza esoterica, la biodinamica non esiste, come è possibile notare leggendo disciplinari e statuti di Demeter, ma anche semplicemente ascoltando parlare i suoi propugnatori.

Ora, a chi dice che bisogna tapparsi le orecchie sulle credenze esoteriche e verificare il metodo, cioè che bisogna togliere Steiner dalla biodinamica e occuparsi solo di verificare se le pratiche utilizzate servano a qualche cosa, vi è da ricordare un secondo punto: perché valga la pena di spendere soldi pubblici su qualcosa del genere, bisogna avere o un modello convincente e coerente con fisica e chimica conosciuti, che spieghi perché per esempio il cornoletame debba avere effetti, o dei dati raccolti in modo rigoroso – cioè su campioni ampi e in cieco – che dimostrino un effetto, pur non ancora interpretato in termini di un modello scientifico.

Alla biodinamica manca senza dubbio ogni modello di funzionamento possibile, e anzi il funzionamento di preparati utilizzati in maniera omeopatica, se fosse osservato, contraddirebbe fisica e chimica conosciute; dunque i biodinamici non solo devono dimostrare che i loro prodotti funzionano, ma anche, nel caso in cui sia così, quale siano la fisica e la chimica in grado di spiegare insieme il funzionamento del cornoletame e dell’universo, in modo altrettanto accurato del modello scientifico corrente.

Non basta come evidenza dire che qualche ricercatore, ricevuti cospicui finanziamenti, ritiene interessante investigare la biodinamica; certamente, in tempi di sottofinanziamento, centinaia di migliaia di euro fanno gola a molti, ma non provano poi molto.

 

Ma c’è di più. Chiudendosi ad ogni altra considerazione, perché si possa parlare di un effetto interessante, da investigare, bisognerebbe avere ampi insiemi di campioni biodinamici paragonati in cieco a campioni identici, solo senza trattamenti biodinamici. Questo è il dato che serve, non le belle esperienze di vignaioli, contadini o altri soggetti, perché si possa avere un punto di partenza tale da indirizzare denaro pubblico alla ricerca di una verifica prima e di una spiegazione poi.

Ma senza dati e senza un valido modello che possa spiegare come un preparato omeopatico possa fertilizzare un campo, e come se questo avviene funzioni il resto dell’universo, nemmeno la pura pratica biodinamica è oggetto su cui valga la pena perdere tempo, ed esattamente come nel caso della teiera di Russell, si deve chiedere che i suoi sostenitori portino tutte le prove necessarie, prima di accusare di scientismo chi ragiona senza subire il fascino di certi esoterismi.

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