ReiThera, il vaccino cieco
La Corte dei Conti boccia il progetto di Invitalia e della casa farmaceutica di Castel Romano. Che cosa ce ne facciamo ora?
Esistono proverbi popolari che hanno una loro ragion d’essere nelle ripetute, quasi scientifiche, osservazioni di ciò che succede in certe condizioni. “La gatta frettolosa fece i gattini ciechi”, dice uno di questi. E dopo quello che sta succedendo con il caso ReiThera, potremmo parafrasare e dire che fa anche i vaccini ciechi. Su queste pagine, abbiamo più volte fatto osservare le anomalie con cui si è tardivamente, e quindi poi in tutta fretta, giunti a selezionare il progetto di sviluppo di un “vaccino italiano”, non solo puntando su un candidato già obsoleto rispetto a quanto disponibile sul mercato, ma soprattutto pretendendo di vendere una presunta efficacia e capacità produttiva per milioni di dosi senza uno straccio di articolo scientifico pubblicato – all’epoca in cui si decise senza dati di nessun tipo, se non delle slides mostrate fra fanfara e rulli di tamburo in conferenza stampa.
Tutti insieme appassionatamente, l’Aifa - l'autorità che avrebbe dovuto valutare i dati finali in maniera imparziale anziché elogiare il vaccino in anticipo -, il ministero della Salute, lo Spallanzani e Domenico Arcuri, nella doppia veste di Commissario straordinario e amministratore delegato di Invitalia, erano corsi a declamare le virtù del “vaccino Invitaliano”, senza basi solide e senza vere spiegazioni, tranne vaghe allusioni all'“indipendenza vaccinale” alla base del progetto politico-industriale e alle meravigliose proprietà di ciò che doveva ancora essere testato.
I dubbi scientifici erano già molti, ma oggi diventa palese l’altra faccia della medaglia, con la Corte dei Conti che riduce in macerie anche la procedura di assegnazione dei fondi. Non si conoscono le argomentazioni con cui la Corte ha dichiarato “illegittimo e quindi nullo” lo schema dell'investimento da 81 milioni di euro predisposto da Invitalia, per quello bisognerà attendere le motivazioni. Ma intanto, la gatta frettolosa che ha partorito un progetto cieco dovrebbe spiegare come le famose “vie preferenziali”, quelle amicizie facilitatorie e quelle reti di conoscenza vantate pubblicamente dal dg di Aifa Nicola Magrini, abbiano potuto portare a niente altro che a una procedura sbagliata non solo dal punto di vista scientifico, ma persino dal punto di vista amministrativo. E sempre quella gatta dovrebbe pure spiegare cosa si intende fare dei 15 milioni di investimento pubblico, attraverso cui Invitalia è stata già autorizzata ad acquistare il 27 per cento del capitale di ReiThera. E cosa ne sarà della nomina di Ciro Accetta, scelto proprio da Arcuri per entrare nel consiglio di amministrazione di ReiThera in rappresentanza di Invitalia e dello stato. Insomma, “abbiamo una casa farmaceutica!” o almeno un terzo, ma cosa ce ne facciamo se l'obiettivo era avere il vaccino invitaliano e quel progetto salta? E la gatta, senza fretta, mi raccomando, potrebbe anche darci ragione dell’investimento di Cnr e Regione Lazio per 8 milioni di euro sul progetto di ReiThera: soldi buttati, o serviranno a qualcosa? E, nel caso, a cosa?
Aspettiamo di sapere cosa ha detto la Corte dei Conti, e poi vedremo quali saranno le soluzioni proposte per uscire da questo vicolo cieco, che ha bruciato un’azienda e un progetto il quale, finanziato debitamente e al tempo giusto, avrebbe potuto avere ben altri esiti. Ma intanto cerchiamo di non dimenticare la saggezza di un semplice proverbio popolare, quando si tratta di investire denaro del contribuente.