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La scienza non è un'arte, troppo spesso l'Università legittima le pseudoscienze

Enrico Bucci

Perché fioriscono nelle università master indirizzati ai medici e ai farmacisti, con tanto di crediti formativi universitari, in cui si insegnano materie che pudicamente si fanno rientrare nella “medicina complementare o integrativa”?

L’articolo 33 della Costituzione garantisce la più ampia libertà per le materie che si vogliano insegnare e apprendere nelle nostre scuole e nelle nostre università, senza nessun limite. Tuttavia, la Costituzione – così come in generale la nostra giurisdizione – non ha il compito di definire, in senso lato, cosa sia da insegnare come scienza (o come arte) e cosa no. D’altra parte, la comunità scientifica dovrebbe ben essere in grado di differenziare una disciplina scientifica da una materia senza fondamenti scientifici; per cui ci si stupirebbe se in Università si insegnasse, poniamo, la cabala come metodo predittivo per valutare la stabilità di un progetto in Ingegneria civile, oppure se l’astrologia fosse materia di insegnamento inserita nel curriculum di chi dovrà da professionista fare previsioni sull’andamento del mercato. Ci si stupirebbe non perché cabala o astrologia non possano essere insegnate, visto che un simile divieto negherebbe la nostra Costituzione, ma perché ci si aspetta che materie simili possano al più trovar posto in un percorso di studi storico culturali, non certo fra gli strumenti predittivi di un ingegnere o un economista.

 

Eppure, in Italia, nel 2018, sembra che non sia così. Fioriscono infatti nelle università master indirizzati ai medici e ai farmacisti, con tanto di crediti formativi universitari, in cui si insegnano materie che pudicamente si fanno rientrare nella cosiddetta “medicina complementare o integrativa”. Fra queste materie, un posto di primo piano occupa proprio quell’omeopatia che recentemente è stata espulsa persino nella patria di Boiron – presso l’Università di Lille – dai dipartimenti di medicina. Invece che confinare l’omeopatia nel posto che le compete, le nostre università sembrano fare a gara nel presentare come se fosse scienza medica una materia che non è affatto complementare, ma totalmente contraria alla medicina scientifica moderna. Difatti, le pretese teoriche dell’omeopatia – che l’attività di un composto aumenti con la sua diluizione e sia presente anche a diluizioni in cui non vi è più principio attivo, che la succussione sia importante per l’attività di un farmaco e che vi sia un principio di validità generale per cui il simile cura il simile – sono non solamente indimostrate, ma falsificate dalla scienza moderna, che giunge su solidissima base sperimentale a conclusioni opposte. La teoria alla base dell’omeopatia è quindi non solo senza prove, ma proprio incompatibile con la scienza moderna perché se in ipotesi si volesse accettarla, sarebbe necessario costruire un sistema scientifico completamente alternativo, non contraddittorio e soprattutto capace di fare previsioni più affidabili del sistema attuale. Questo perché, vista la elevata coerenza interna del moderno edificio scientifico, contraddire per esempio il principio che un farmaco non può essere diluito oltre una certa soglia, presuppone di contraddire a catena tutta la conoscenza scientifica (visto che fantasie apparentemente compatibili come la memoria dell’acqua sono già state rigettate).

 

Eppure nelle università fioriscono corsi pseudoscientifici: a Siena, per esempio, c’è un master universitario in “Omeopatia e sua applicazione in medicina integrata”; a Perugia gli studenti del corso di laurea magistrale in farmacia possono frequentare un corso in “Medicine alternative”; a Milano l’Università Bicocca accoglie un master in “Sistemi sanitari, medicine tradizionali e non convenzionali” sponsorizzato dal produttore di rimedi omeopatici Guna. Altre pseudoscienze come l’agopuntura tradizionale cinese sono oggetto di corsi universitari in dipartimenti di medicina: presso l’università di Brescia esiste un corso di perfezionamento in “agopuntura e tecniche correlate”, in cui sono oggetto di studio per i medici cose come il “Tao-Yin-Yang”, le “Sostanze vitali: Energie”, la “Teoria dei 5 Movimenti”, la “Fisiologia del Qi, del Sangue (Xue) e dei liquidi organici (Jinye)” oppure la “Circolazione energetica”.

 

L’elenco potrebbe continuare a lungo. Ma perché insegnare sistemi alternativi incompatibili con la scienza moderna? Perché si insiste nel voler giustificare pratiche mediche antiscientifiche in master a pagamento con il logo delle università, partecipando al “mercato della pseudoscienza”?

 


 

Enrico Bucci, SHRO, Temple University-Philadelphia

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