Frascati guarda al futuro con la fusione nucleare
Il comune in provincia di Roma ha vinto la gara di Enea per ospitare un impianto di ricerca che vale 2 miliardi di euro. Questa volta il territorio non teme il nimby
Vale 2 miliardi di euro il progetto sperimentale di fusione nucleare che il comune di Frascati si è aggiudicato in una gara contesa da nove siti e gestita da Enea, l'Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l'energia e lo sviluppo sostenibile. Entro il 30 novembre 2018 inizieranno così i lavori per costruire il Divertor Tokamak Test facility (DTT), una macchina ideata da Enea per testare alcune fasi particolarmente complesse del processo di fusione su cui sono in corso progetti europei e internazionali di ricerca che mirano alla realizzazione di un prototipo di centrale nucleare (DEMO) entro il 2050.
Cos'è la fusione nucleare
Come spiega l'Enea, la fusione è il meccanismo fisico che alimenta il sole e le stelle e permette la vita sulla Terra. Si chiama “fusione” perché l'energia è prodotta combinando nuclei leggeri, come isotopi di idrogeno, portati a temperature estremamente elevate: nel sole si arriva a 15 milioni di gradi, nei laboratori si lavorerà su oltre 100 milioni di gradi. DTT servirà proprio a dimostrare come rendere possibile la gestione del forte carico termico in un impianto di produzione di energia.
A differenza delle centrali nucleari convenzionali, quelle che funzionano con la “fissione”, questa tecnologia non produce alcuna scoria radioattiva e permette quindi di superare la questione dello smaltimento, un problema che in Italia non vede ancora soluzione dopo trent'anni dal referendum, tanto che da oltre due anni si aspetta la Carta nazionale delle aree idonee a ospitare i rifiuti nucleari. Il 21 marzo il ministro Carlo Calenda era tornato sull'argomento impegnandosi a chiudere il dossier in due settimane, ma a oggi il documento non è ancora stato pubblicato.
Le potenzialità di sviluppare questo tipo di tecnologia sono rilevanti dal punto di vista ambientale perché permettono l'abbattimento della Co2 mentre superano le principali criticità generalmente legate alla produzione nucleare con “fissione”: oltre all'assenza di scorie, anche la radioattività dei componenti strutturali delle centrali può essere limitata con la scelta di materiali adeguati, mentre i due elementi coinvolti nella fusione, deuterio e litio, sono largamente diffusi e praticamente inesauribili in natura: il deuterio è presente in grandi quantità nell'acqua del mare e il litio può essere estratto sia dalle rocce sia dagli oceani.
Gli investimenti
Il progetto di Frascati impegna 500 milioni di euro ed è solo un tassello della più ampia ricerca internazionale impegnata sui progetti Iter e Demo, con cui si punta a ottenere energia economicamente competitiva e sicura, in grado di contribuire al raggiungimento degli obiettivi di decarbonizzazione. La metà dei capitali, 250 milioni, vengono da un prestito della Banca europea degli investimenti, mentre 60 milioni sono della Commissione europea che partecipa attraverso Eurofusion, il consorzio che gestisce le attività di ricerca sulla fusione. Il governo italiano sarà attivo dal 2019 con 40 milioni del ministero dello Sviluppo economico mentre la Regione Lazio ha già impegnato 25 milioni e l'Enea, con altri partner, 50 milioni. A questi investitori si aggiunge la Repubblica Popolare Cinese, impegnata con 30 milioni. Nel progetto saranno impiegate oltre 1.500 persone di cui 500 direttamente e altre 1.000 nell’indotto, con un ritorno stimato di 2 miliardi di euro. A livello industriale sono coinvolte oltre 500 imprese italiane che si sono aggiudicate gare per quasi un miliardo di euro.
Le regioni in gara
Al bando lanciato da Enea hanno partecipato otto regioni candidando nove diversi siti. Frascati è arrivata prima in base a requisiti tecnici, economici e ambientali, con pochi punti in più rispetto alla Cittadella della ricerca proposta dalla Puglia. Come ha notato l'Enea nella sua relazione commentando l'ampia partecipazione “il valore dell'infrastruttura di ricerca – che non è solo scientifico e tecnologico ma anche socio economico – è stato colto in pieno dalle Amministrazioni”. Contrariamente alla consueta conflittualità delle regioni rispetto alle infrastrutture energetiche, questa volta “è risultata chiara la grande potenzialità di DTT di creare nuovi posti di lavoro, di indurre attività produttive esterne connesse e rappresentare per il mondo accademico un importante strumento di formazione e addestramento delle nuove generazioni di scienziati e tecnici”. “Oggi è l’Italia che vince – ha commentato il presidente dell’Enea Federico Testa – perché investe sulla conoscenza e sull’energia sostenibile con un progetto che garantisce prospettive scientifiche e occupazionali positive per tutti e, in particolare, per i giovani”.
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