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Come riconoscere i colpi di sole causati dall'idiotismo climatico

Umberto Minopoli

Conformismo e dogmatismo hanno trasformato la meteorologia in astrologia, vale la pena ribellarsi

Ormai è chiaro: la previsione meteorologica, nella sensibilità diffusa, ha soppiantato l’astrologia. E ha preso il posto dell’oroscopo nell’immaginario collettivo. Il procedimento è analogo: la pretesa, dall’interpretazione di segni naturali, di predire il futuro con sufficiente grado di certezza e affidabilità. Come con gli oroscopi qualche anno fa, i media si sono acconciati a sfruttare il fenomeno psicologico catturando il pubblico con crescendi di titolazioni ansiogene, narrazione catastrofista, sciamanismo, sensazionalismo, deformazioni parascientifiche. Al pari dell’astrologia, l’informazione meteorologica finisce per attingere all’occultismo e assumere aspetti negromantici con l’evocazione di segni paranormali nei fenomeni meteorologici ormai, per definizione, anomali, estremi, inediti, irreversibili. Il pattern è il medesimo dell’astrologia: la divinazione prescientifica. Con conseguente abbondanza di terminologia archetipa e mitologica nella nominazione degli eventi meteorologici (Lucifero, Caronte ecc). Le prossimità con l’astrologia, però, finiscono qui: in somiglianze di linguaggi e modelli comunicativi. La voga climatista ha tratti enormemente più sofisticati, meno ingenui, più insidiosi e, soprattutto, più impattanti nella percezione del pubblico, nelle agende politiche e nella wellness dei cittadini. Di campagne sul clima si può, letteralmente, incorrere in sofferenza. Tecnici ed esperti hanno iniziato ad avvertire la serietà del fenomeno, l’amplificazione che il web dà alla mediatizzazione degli eventi climatici, i pericoli di deformazione patologica e di stress. Al punto di denunciare il fenomeno mediatico della “paura del clima”, addirittura, come “terrorismo meteorologico”.

  

Tutto nasce da un cambiamento epocale: le conseguenze indotte nella percezione dei fenomeni climatici da 30 anni di robusta e martellante campagna della dottrina del climate change. Quello che è avvenuto nell’agenda mondiale, a tale riguardo, è impressionante. Si è trasformata una valutazione, difficile e controversa, di dati ed effetti che testimoniassero, eventualmente, un periodo prolungato di riscaldamento del clima in un aumento irreversibile delle temperature fino a delineare un passaggio di fase della prospettiva del pianeta: la transizione della Terra dalla felice condizione di Goldilocks (riccioli d’oro), unica zona di abitabilità del sistema solare, al destino di Venere e Marte, con la compromissione dei fattori che hanno consentito al nostro pianeta, e solo ad esso, di ospitare e mantenere la vita e la biologia. La storia del clima e della geologia terrestre è stata riscritta. Intere epoche di alternanza climatica tra glaciazioni e riscaldamento sono state cancellate o alterate per arrivare ad una conclusione: il riscaldamento attuale non ha nulla di ciclico, di reiterato, di ripetitivo, di reversibile. Siamo ad un cambio di epoca geologica, di inedita trasformazione, di mutazione irreversibile. Come un cambiamento di fase nei fenomeni fisici, la Terra starebbe sperimentando un passaggio di stato: da pianeta adatto alla vita, appunto, a luogo che ne attesterà la catastrofe. Come fu, appunto, per i nostri gemelli planetari: Marte e Venere, probabilmente, sperimentarono anch’sese per un breve periodo iniziale la possibilità della vita. Poi, per cause opposte, ne perdettero catastroficamente le tracce. Essi però dimostrano una cosa, afferma la divinazione climatista, il cambiamento climatico può rendere reversibile la vita e trasformare un pianeta abitabile nel deserto freddo e inospitale di Marte o in quello infuocato e infernale di Venere. Insomma: com’è nata, la vita può anche finire nel sistema solare. E’ così che il “cambiamento climatico”, da evidenza empirica di una fase ciclica del pianeta, è diventato il paradigma di ogni evento, fenomeno, specialità, anomalia. Perfino dei fenomeni atmosferici. Si è persa la distinzione elementare, ad esempio, tra eventi meteorologi (temperature stagionali, intensità e durata di periodi caldi o freddi, variabilità dei fenomeni tropicali ed estremi e delle precipitazioni) e cambiamenti climatici di lungo periodo. 

   

I primi sono, per definizione, ciclici e contingenti, attengono alla fisica specifica del pianeta (posizione orbitale, inclinazione dell’asse, magnetismo) e alla sua interazione, largamente casuale e probabilistica, con la danza e la località delle isobari, il gioco poco prevedibile e causale delle pressioni atmosferiche. E’ quello che da sempre rende noti le ragioni e i luoghi, le tre celle o aree in cui, alle varie latitudini, si raggruppano i meccanismi della circolazione atmosferica, i suoi gradienti termici nello scambio col motore solare. Ma che rende anche evidenti le ragioni incomprimibili della imprevedibilità, se non a breve lasso di tempo, delle evoluzioni del clima. La naturalità del clima terrestre, le sue ciclicità, la complessità delle cause e fattori che ne determinano l’andamento è del tutto scomparsa nelle dottrine del climatismo ufficiale. Si va perdendo, nel meccanicismo profetico e millenaristico della nuova religione del clima, quella meravigliosa rappresentazione (che influenzerà tanti aspetti del pensiero e delle scienze fisiche e sociali moderne) dell’indeterminismo climatico come ancoraggio del peso e dello spazio da conferire alle discipline della statistica, degli effetti probabilistici che, dalla fisica quantistica alla farfalla di Lorentz, dalla teoria dei giochi alla scoperta degli algoritimi dei sistemi caotici, originarono gli avanzamenti scientifici e tecnologici epocali della prima metà del 900 e posero le premesse di base della rivoluzione informatica. Tutto compromesso, oggi, dal ritorno di un determinismo e meccanicismo climatico che riporta zone di pensiero scientifico occidentale alle pretese infantili di prevedibilità e schematismo del primo illuminismo. La maledizione che rischia di procurare un arretramento del pensiero scientifico sul clima è la pretesa della causa antropica come esclusiva e totalizzante spiegazione dei complessi fenomeni della fisica terrestre. Una pretesa che presenta tratti stupefacenti in qualche caso.

   

Nelle scorse settimane una piccola e trascurata notizia sul web ha segnalato, ad esperti e lettori curiosi, un dato raccapricciante. Un gruppo di fisici dell’università di Berna ha pubblicato uno studio che dimostrerebbe gli “effetti specifici, aggiuntivi, ciclici e causalistici” dell’attività e delle fasi del magnetismo solare sui fenomeni atmosferici. Sinora tali effetti erano stati esclusi dai modelli matematici della climatologia ufficiale. L’irraggiamento solare del pianeta, quantitativamente costante, è considerato nei modelli dell’Ipcc un dato invariabile dei calcoli e immodificabile nella sequenza storica del clima: un modo per attribuire alla sola attività antropica la spiegazione esclusiva dei cambiamenti climatici. Gli studiosi svizzeri hanno scoperto che, oltre all’irraggiamento (la quantità costante e sempre uguale di energia che il sole immette sul pianeta), pesa sul clima terrestre anche la ciclica attività magnetica del sole: i cambiamenti climatici devono tener conto di questa spiegazione naturale e fare la tara di essa quando si esaminano gli aspetti dei cambiamenti climatici. Un vero calcio negli stinchi dell’idiotismo climatico che aveva espulso il Sole dal motore del climate change per intronare l’uomo e la sua diavoleria energetica come unico vero signore del clima. Se risulta vera la ricerca svizzera, le tabelle e i modelli della climatologia ufficiale vanno rivisti e riscritti, le previsioni sugli effetti del riscaldamento riconsiderate. E, soprattutto, rientra dalla porta ufficiale della climatologia scientifica la considerazione della ciclicità, reversibilità e naturalità delle evoluzioni climatiche. Il global warming non sarà più definibile come un destino: l’attività solare è per natura ciclica e influenza la dialettica di riscaldamento e glaciazioni (raffreddamento) della storia terrestre. Ma non è solo la fisica e la climatologia non ortodossa e conformista a revocare in dubbio il pessimismo catastrofico dell’Ipcc. Di recente il Wall Street Journal ha evidenziato il tema chiave della traducibilità delle previsioni degli effetti del riscaldamento globale nelle agende economiche delle conferenze sul clima e degli impegni dei governi. Il Wsj demitizza la reale consistenza degli effetti catastrofici presunti alla distanza (lunghissima quasi un secolo) delle profezie dei documenti ufficiali. E, soprattutto, fa emergere che gli esagerati effetti di lunghissimo periodo stanno determinando una sballata e costosa agenda di spese immediate che fanno emergere, specie per i governi dei paesi sviluppati, due conseguenze: lo spreco di risorse che vengono investite nella penalizzazione delle emissioni carbonifere, ma senza effetti nella predisposizione delle città e dei territori ai cambiamenti futuri profetizzati; l’imposizione di costi di bilancio attuali e reali, nelle politiche economiche di decarbonizzazione, a fronte di un ritorno della spesa più che incerto nel lungo periodo. Stiamo veramente affrontando con la razionalità e l’efficacia necessari, si chiede il Wsj, le profezie del cambiamento climatico? Si illude chi pensa che questo interrogativo possa facilmente essere liquidato con le scontate sufficienze verso il pacchiano negazionismo trumpiano. Ci sono tante, troppe cose che non vanno nel conformismo e nel dogmatismo della religione del clima.