300 a 0 per gli Ogm

Redazione
Alimenti transgenici sempre più sani, il bio meno. La storia di Chipotle

Un pregiudizio radicato in campo alimentare vuole che il cibo “naturale” sia per proprietà innate più sano. Su questa equazione, quasi uno standard di mercato, migliaia di società hanno fondato il loro successo, come l’americana Chipotle, catena di fast food che dopo una notevole operazione di rebranding ha iniziato a servire cibo messicano biologico, no-Ogm, a chilometro zero. Grazie a una campagna pubblicitaria ben orchestrata contro i crimini dell’industria alimentare e i presunti pericoli degli Ogm, Chipotle ha attirato torme di consumatori apparentemente consapevoli, si è quotata in Borsa a giugno e ha messo in difficoltà perfino McDonald’s.

 

Ma il contrappasso ha investito Chipotle a novembre, quando i suoi burritos si sono trovati infestati di Escherichia coli, un batterio intestinale che ha colpito più di 300 persone, fatto fuggire i clienti e crollare del 30 per cento il valore dell’azienda. Il cibo fresco è da sempre più soggetto a contaminazione, è normale, ma se sei una società che si vanta di servire cibo più sano degli altri uno scandalo così è un colpo terribile. Soprattutto dopo che le scoperte scientifiche di quest’anno hanno mostrato, come ha scritto il Wall Street Journal, che gli Ogm non sono mai stati così innocui e utili per l’uomo. Dal salmone che cresce più veloce alle mele che non ingialliscono, gli Ogm non solo sono sani (numero di ammalati dopo aver mangiato un Ogm: zero), ma servono sempre più gli scopi ambientalisti (meno consumo, meno spreco) perseguiti dai fan del “naturale”.

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