Breve analisi del climatismo, nuova ideologia che inganna tutti
Roma. La sintesi più appropriata ai summit sul clima che da anni l’Onu organizza in giro per il mondo per salvare il pianeta (l’ultimo, ovviamente quello decisivo, in corso in questi giorni a Parigi) l’aveva data con qualche secolo di anticipo sant’Agostino: “I nostri antenati si lamentarono dei loro giorni, e gli avi loro si lamentarono dei loro giorni. A nessun uomo sono mai piaciuti i giorni della sua vita. Piuttosto, ai posteri piacciono i giorni degli avi (…). Ogni anno, quando sentiamo freddo, di solito diciamo: ‘Non ha mai fatto un freddo così’; e se sentiamo caldo diciamo: ‘non ha mai fatto un caldo così’”. Questa citazione si trova all’inizio di “Climatismo: una nuova ideologia” (21mo Secolo, 20 euro, [email protected]), libro appena uscito di Mario Giaccio, ordinario di Tecnologia e innovazione e Tecnologia ed economia delle fonti di energia all’Università G. d’Annunzio di Chieti-Pescara. Il saggio è un concentrato perfetto di tutto quello che la vulgata catastrofista da anni nega o non dice, anche se contenuto in documenti, ricerche e rapporti di pubblico dominio. Si parte da un’osservazione banale quanto fondamentale: le variazioni climatiche sono dovute a una molteplicità di fattori che l’uomo non può controllare: il Sole, l’irregolarità dell’orbita terrestre, l’influenza del mare e la presenza delle nuvole. Tutte cose che la scienza conosce ancora poco. Invece “le cause di origine antropica vengono ricondotte quasi esclusivamente alle emissioni di anidride carbonica conseguente l’utilizzo dei combustibili fossili, ma questa rappresenta soltanto il 5 per cento dell’anidride carbonica presente in atmosfera (ed è una frazione irrilevante in rapporto a quella sciolta negli oceani e a quella presente nei sedimenti sotto forma di carbonati o di bicarbonati)”. Eppure ci stanno convincendo che basterà ridurre un poco le emissioni prodotte dalle attività umane per rallentare i cambiamenti climatici.
Il libro di Giaccio spiega passo per passo i punti oscuri su cui si basano le “certezze” della lotta al clima che cambia: l’inaffidabilità dei modelli matematici che fanno previsioni presentate come infallibili sulla temperatura che farà tra mezzo secolo; gli effetti del Protocollo di Kyoto, quasi inutili sul clima, molto pesanti invece su economia e finanza; il cosiddetto consenso universale sulla teoria del global warming causato dall’uomo, in realtà non così universale; l’ultilizzo politico di molte “uscite” scientifiche del panel di esperti dell’Onu, l’Ipcc; le innumerevoli truffe legate al mercato dei crediti del carbonio.
Come spesso capita di osservare occupandosi di lotta ai cambiamenti climatici, la scienza tende a fare da sfocato sfondo a discussioni e scontri a carattere quasi unicamente politico ed economico. Il climatismo però è una ideologia in tutto e per tutto, spiega ancora Giaccio, e come tutte le ideologie diventa scimmiottamento di una religione, apparato liturgico annesso compreso: come scriveva qualche anno fa il climatologo francese Marcel Leroux, l’origine antropica dell’innalzamento delle temperature deve considerarsi dogma a tutti gli effetti: ci sono i “buoni”, che credono a quanto viene loro detto senza porsi troppe domande, e i “cattivi”, che dubitano degli annunci catastrofisti. L’ambientalismo ha di fatto sostituito il socialismo come religione laica, scrive Giaccio citando il fisico Freeman Dyson, i crediti di carbonio sono le nuove indulgenze per pulirsi la coscienza, e i media in tutto questo hanno giocato e giocano un ruolo fondamentale sia per la trasmissione del verbo, sia per la teorizzazione del culto ambientalista.
Richard Lindzen, che è considerato attualmente il maggior fisico dell’atmosfera ed è stato proclamato “climate scientist” nel 2007, ha dichiarato: “Le generazioni future si chiederanno, con perplesso stupore, come mai il mondo sviluppato degli inizi del XXI secolo è caduto in un panico isterico a causa di un aumento della temperatura media globale di pochi decimi di grado. Si chiederanno come, sulla base di grossolane esagerazioni di proiezioni altamente incerte di modelli matematici, combinate con improbabili catene di interferenze, è stata presa in considerazione la possibilità di ritornare all’era preindustriale”.
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