silenzi e contraddizioni

L'imbarazzo del ministro della Salute Orazio Schillaci su Covid e medici No vax

Giovanni Rodriquez

Dopo aver difeso green pass e vaccini durante l'emergenza, il responsabile della Sanità non ha speso ancora una parola sulla campagna vaccinale. Ma per il momento salta il rinvio delle multe: il governo non presenta l'emedamento al decreto aiuto Ter 

“Io era tra color che son sospesi”. Non dando seguito alle dure prese di posizione del presidente Meloni sulla precedente gestione della pandemia né criticandole, il ministro della Salute Orazio Schillaci sembra sempre più Virgilio che si aggira nell’Inferno dantesco. Intervistato dal Corriere della sera, il ministro è sembrato in imbarazzo a commentare le misure emergenziali dei governi precedenti, come i lockdown, dopo gli interventi del presidente del Consiglio Giorgia Meloni che ha apertamente parlato di “limitazioni alla libertà” intraprese in assenza di “evidenze scientifiche”. Per Schillaci, invece, il Covid era “qualcosa di sconosciuto e all’inizio il lockdown è stato una necessità perché non si sapeva nulla. Su questo però vorrei guardare avanti”.

 

Meglio non indugiare troppo sul passato dunque, visto che oltre al lockdown, nel corso del 2021 l’attuale ministro della Salute aveva anche pubblicamente difeso il ricorso al Green pass nelle università e quindi promosso implicitamente anche la scelta dell’obbligo vaccinale. Su questo quindi meglio sospendere il giudizio e scaricarlo su quella commissione parlamentare “richiesta da maggioranza e opposizione per valutare la gestione del Covid”. Lo stesso atteggiamento Schillaci sembra tenerlo anche sulla questione dell’obbligo vaccinale, visto come “un problema deontologico che dovrà essere affrontato dagli ordini professionali”.

 

Difficilmente in assenza di una norma statale un ordine può però imporre un trattamento sanitario vincolando il diritto al lavoro al suo adempimento. E poi ancora, sul rientro anticipato al lavoro dei medici non vaccinati contro il Covid il ministro spiega: “Saranno le singole direzioni sanitarie a decidere dove i medici reintegrati andranno a lavorare”. Nessuna indicazione quindi da parte del ministero della Salute, ma saranno le singole direzioni delle aziende ospedaliere a doversi autonomamente assumere l’onere della decisione esponendosi a possibili rischi di contenziosi. Una decisione che sembra tra l’altro configgere con quanto dichiarato nella stessa giornata dal neo sottosegretario alla Salute, Marcello Gemmato (FdI), che in quelle stesse ore annunciava la volontà di impugnare la legge regionale della Puglia. Una legge del 2018, aggiornata successivamente nel 2021 per allargarla alla vaccinazione contro il Covid, non solo non più impugnabile dato lo scadere del termine dei 60 giorni, ma che tra l’altro si muove sulla stessa linea d’indirizzo tracciata dal ministro Schillaci.

In base a questa norma, infatti, è la regione a dover individuare “i reparti dove consentire l’accesso ai soli operatori che si siano attenuti alle indicazioni del Piano nazionale di prevenzione vaccinale vigente per i soggetti a rischio per esposizione professionale”. Proprio nel giorno del giuramento dei nuovi sottosegretari è andato quindi in scena il primo cortocircuito interno al ministero della Salute.

Quanto alla ratio di questo anticipo di oltre un mese del reintegro degli operatori sanitari non vaccinati, Schillaci ha parlato di un’operazione con la quale si vuol far fronte al problema della carenza dei medici. Eppure, numeri alla mano questa spiegazione risulta essere molto fragile. Secondo i dati della Federazione degli ordini dei medici, allo scorso 31 ottobre erano 4.004 i medici e odontoiatri sospesi, vale a dire lo 0,85 per cento dei 473.592 iscritti. Di questi, 3.543 i medici, 461 gli odontoiatri e 325 i doppi iscritti che, per la stragrande maggioranza, esercitano come odontoiatri. Andando però a vedere l’età dei sospesi, poco meno della metà, e precisamente il 47 per cento dei 3.543 medici, vale a dire 1.665, ha più di 68 anni e per questo fuori dal servizio sanitario nazionale. Ne restano quindi da reintegrare solo 1.878, ma molti di questi potrebbero essere liberi professionisti.

Gli effettivi possibili reintegri tra i medici ospedalieri potrebbero non arrivare neanche alle 500 unità per tutto il territorio nazionale. Una mossa questa che dunque poco ha a che vedere con il problema della carenza di personale e molto con la volontà di dare un segnale politico di discontinuità con il passato e di “riconciliazione” verso quel mondo no vax, a cui sembrava dovessero essere condonate, o almeno rinviate, anche le multe da 100 euro per il mancato adempimento dell’obbligo vaccinale per gli over 50, attraverso un emendamento al decreto Aiuti ter. Emendamento che tuttavia al momento non è stato presentato. 
 

Insomma, non si può evitare di notare come, a oggi, tra il presidente del Consiglio, il ministro e il sottosegretario alla Salute nessuno abbia ancora ancora speso neanche una parola sulla campagna vaccinale contro il Covid ma si siano tutti invece concentrati su cosa possano fare i non vaccinati.

 

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