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Cattivi Scienziati

Contro l'evoluzione del Covid servono vaccini di nuova generazione

Enrico Bucci

Quelli a disposizione oggi per combattere il virus funzionano sempre peggio. È possibile che i vaccini spray intranasali possano rappresentare un progresso. ma la strada è tutt’altro che facile. I limiti di Europa e Usa mentre Cina e India guidano le nuove sperimentazioni

I vaccini che abbiamo a disposizione per combattere SARS-CoV-2 funzionano sempre peggio, ed è probabile che questa tendenza, alla fine, intaccherà considerevolmente anche la capacità di prevenire il danno clinicamente rilevante. Inoltre, il rapido decadere dell’immunità indotta e l’andamento non stagionale delle epidemie non lasciano molte speranze circa la possibilità di arrivare ad un equilibrio che preveda una vaccinazione annua, sul modello della campagna antinfluenzale.

Per questi motivi, è sempre più pressante la necessità di vaccini di nuovo tipo, i quali, utilizzando vecchie o nuove tecnologie, siano in grado o di ripristinare una buona protezione dall’infezione, o di agire su un ampio spettro di ceppi e varianti, o, meglio ancora, una combinazione delle due cose.

 

Da questo punto di vista, è possibile che i vaccini spray intranasali possano rappresentare un progresso: questo perché, al contrario dei vaccini finora in uso, formulazioni per aerosol consentirebbero di agire là dove il virus attacca fin dall’inizio dell’infezione e là dove si manifestano molti sintomi di Covid-19 – ovvero a livello del tratto respiratorio.

Sebbene l'India e un paio di altri paesi abbiano approvato i vaccini intranasali contro il Covid negli ultimi mesi, la strada per questi vaccini è tutt’altro che facile. Se consideriamo per esempio il suo ultimo tentativo, il candidato vaccino intranasale di AstraZeneca è riuscito a produrre una risposta immunitaria decente nelle mucose nasali e ha offerto una protezione inferiore rispetto alla versione intramuscolare dello stesso prodotto.

Per questo è interessante discutere un nuovo lavoro, che conclude lo sviluppo preclinico e apre la strada alla sperimentazione clinica di Fase 1, nel quale ci si è basati sulla proteina Spike della variante beta di SARS-CoV-2, impaccata in particelle note come polimerosomi artificiali di membrana cellulare. All’interno dei polimerosomi, i ricercatori hanno separatamente incluso la proteina Spike e un adiuvante, un composto cioè capace di aumentare l’immunogenicità del vaccino; se in futuro fosse necessario, ciò consente di cambiare il tipo di Spike utilizzato, mantenendo invariato il resto del vaccino.

Ora, la somministrazione intramuscolare di questo nuovo candidato vaccino, sia nei topi che nei criceti, ha prodotto una forte risposta immunitaria, capace di proteggere dal virus originario, dal ceppo Beta e anche da Omicron; come atteso, tuttavia, i criceti che avevano ricevuto il prodotto per iniezione intramuscolo, una volta esposti al virus si sono infettati.

La somministrazione intranasale nei criceti ha prodotto una forte risposta immunitaria sistemica, come nel caso dell’iniezione intramuscolo, con generazione di un alto titolo anticorpale a livello del siero; ha però anche causato una rapida riduzione della carica di RNA virale nel tratto respiratorio superiore dopo esposizione al virus, e ha prodotto una evidente capacità di neutralizzazione del virus osservabile nei lavaggi nasali. Inoltre, i criceti vaccinati per via intranasale non presentavano alcuna patologia polmonare associata a SARS-CoV-2 alla conclusione dello studio di challenge, contrariamente ad alcuni dei criceti vaccinati per via intramuscolare.

Infine, studi classici di tossicità in animale hanno non hanno rilevato effetti pericolosi degni di nota.

Ora, va rilevato che questo è solo l’ultimo di una serie di studi promettenti per ottenere prodotti che possano meglio portare sotto controllo l’attuale pandemia; la grandissima parte di queste sperimentazioni, tuttavia, ha ricevuto l’interesse di governi che non sono quelli in prima linea nel promuovere originariamente lo sforzo che ha portato ai primi vaccini.

Negli Usa e in Europa, infatti, è ormai evidente che scontiamo l’arrivo iniziale sul mercato dei prodotti di Pfizer e Moderna, aiutate da fortissimi incentivi pubblici, tal che adesso si fa fatica a ottenere collaborazioni di livello simile per i prodotti di seconda generazione; lo sviluppo di questi ultimi, invece, riscuote ancora ampio interesse in paesi come India e Cina, che di fatto stanno guidando la sperimentazione dei prodotti più avanzati. Eppure, mai come oggi è evidente la necessità di riprendere slancio, per recuperare il terreno che l’evoluzione del virus ci ha sottratto.

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