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Dati e numeri

Come va negli ospedali? Cosa rischia un non vaccinato? E i vaccinati? Facciamo ordine

Giovanni Rodriquez

L’efficacia delle vaccinazioni nel prevenire la morte è dell'89,2 per cento. È quindi possibile e atteso un certo numero di decessi anche tra gli immunizzati. Numero estremamente più basso se confrontato a quello che si verifica tra i soggetti scoperti

Per un soggetto non vaccinato il rischio di decesso a causa del Covid è: 16,6 volte maggiore rispetto a un vaccinato con dose booster; 11,1 volte maggiore rispetto ad un soggetto vaccinato da meno di 5 mesi; e 6,9 volte maggiore rispetto ad uno vaccinato da più di 5 mesi. Questo il quadro della situazione che emerge dall’ultimo report dell’Istituto superiore di sanità rispetto al periodo che va dal 15 ottobre allo scorso 14 novembre. La protezione dei vaccini dal rischio di morte risulta quindi del tutto evidente e resta netta anche in fase di calo della protezione, dopo i primi 5 mesi. Per comprenderlo dobbiamo però contestualizzare i dati. Se infatti ci limitassimo a considerare, sempre in quel periodo di tempo, i soli numeri assoluti dei decessi tra le persone di tutte le età vaccinate, comprendendo sia coloro che hanno ricevuto il vaccino da meno di 5 mesi che coloro che sono stati vaccinati da più tempo, e allargando lo sguardo anche a coloro che hanno già avuto il booster, vedremo che i deceduti sono 807. Di contro, tra i non vaccinati i decessi si fermano a 620. Verrebbe quindi da pensare che ci sono più morti tra i vaccinati rispetto a chi rifiuta il vaccino contro il Covid. Cosa che peraltro sostengono ancora oggi diversi politici e scienziati di riferimento dell’area no vax.

 

Quei numeri devono però essere contestualizzati. E vedremo così che gli 807 decessi tra i non vaccinati riguardano una platea di 44,9 milioni di persone, mentre i 620 decessi tra i non vaccinati si sono registrati tra una platea ben più ridotta di soli 7,2 milioni di persone. L’incidenza di decessi è quindi di 1,7 per 100 mila casi tra i vaccinati e di ben 8,5 decessi per 100 mila casi tra i non vaccinati. Ed ecco ribaltato quel dato assoluto che potrebbe facilmente trarre in inganno. Se le vaccinazioni nella popolazione raggiungono alti livelli di copertura si verifica infatti quell’effetto paradosso per il quale il numero assoluto di infezioni, ospedalizzazioni e decessi può essere simile o magari più grande tra i vaccinati rispetto ai non vaccinati. In questi casi l’incidenza, però, intesa come il rapporto tra il numero dei casi e la popolazione di riferimento, come abbiamo visto torna ad inquadrare il fenomeno nella giusta prospettiva.

 

La vaccinazione contro il Covid, come accade per tutte le vaccinazioni, non protegge il 100 per cento degli individui vaccinati. Attualmente sappiamo che l’efficacia dei vaccini nel prevenire i decessi è dell'89,2 per cento. È quindi possibile ed atteso un certo numero di casi di decessi anche tra i vaccinati. Numero estremamente più basso se confrontato a quello che si verifica tra i soggetti non vaccinati. In gruppi di popolazione con una copertura vaccinale molto alta, la maggior parte dei casi segnalati si potrebbe così verificare in soggetti vaccinati, solo perché la numerosità della popolazione dei vaccinati è molto più elevata di quella dei soggetti non vaccinati. C’è poi da aggiungere che i sistemi di sorveglianza non rendono evidenti i casi di malattia evitati dalla vaccinazione ma fanno emergere solo quelli che si ammalano malgrado la vaccinazione.

 

Inquadrare quindi i dati in un’ottica corretta è essenziale per riconoscere la validità della protezione dei vaccini ed evitare preoccupazioni e perdita di fiducia. E soprattutto per contrastare quelle fake news prodotte da chi continua a fare una quotidiana opera di propaganda antiscientifica in piena pandemia al fine screditare il successo ottenuto nell’ultimo anno da questi vaccini. Nonostante l’arrivo di nuove varianti.

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