cattivi scienziati

Nonostante Omicron, tre dosi sono meglio di due

Enrico Bucci

A quanto pare il nuovo ceppo Omicron è almeno parzialmente immunoevasivo, anche in presenza di una terza dose di vaccino a Rna. Ma i dati in vitro indicano una protezione dall’infezione comunque superiore con la terza dose

Qualche giorno fa ho discusso il risultato ottenuto in vitro da alcuni ricercatori tedeschi, i quali hanno dimostrato che la capacità di neutralizzare la variante Omicron da parte degli anticorpi derivanti da soggetti vaccinati o precedentemente infetti risulta diminuita, e solo parzialmente ripristinata da una terza dose di vaccino (nonostante i dati mostrati da Pfizer raccontassero di un pieno recupero dell’attività neutralizzante).

    
In particolare, in esperimenti in vitro su qualche decina di campioni una terza dose di vaccino a Rna è risultata possedere il 58 per cento della capacità neutralizzante mostrata contro la variante Delta a mezzo mese di distanza dalla somministrazione, e del 25 per cento a tre mesi dalla somministrazione.

     
Questo dato si affiancava ai primi dati epidemiologici ottenuti in Sudafrica, che mostravano come la protezione conferita da infezione pregressa con altre varianti fosse molto calata in presenza della variante Omicron.

     
Ora, in piena coerenza con questa ridotta capacità neutralizzante degli anticorpi prodotti dal vaccino a da infezioni precedenti, abbiamo notizia dei primi casi di infezione da variante Omicron in soggetti che avevano effettuato la vaccinazione di richiamo con una terza dose di vaccino a Rna, sia di Moderna che di Pfizer, a partire da vaccinazioni iniziali sia a Rna che a vettore adenovirale (AstraZeneca).

     
Cinque donne e due uomini tedeschi, recatisi in Sudafrica, di età compresa tra i 25 e i 39 anni, avevano ricevuto una terza dose di vaccino a Rna tra il 26 ottobre e il 10 novembre. A partire dai giorni compresi fra il 30 novembre e il 2 dicembre, cioè circa un mese dopo aver ricevuto la terza dose, questi soggetti, in presenza di una forte pressione epidemica nella località in cui soggiornavano in Sudafrica, hanno manifestato sintomi lievi, ottenendo poi una conferma di infezione da Sars-CoV-2 nei giorni immediatamente successivi. I cinque casi per i quali è stato possibile ottenere una sequenza, sono risultati tutti casi di infezione da variante Omicron; gli altri due sono stati ricondotti ad essa per prossimità fra i soggetti e per contemporaneità dell’evento infettivo. A sette giorni dall’infezione, tosse secca (100 per cento), rinite (71,4 per cento), mal di gola (57,1 per cento) e respiro affannoso (42,9 per cento) erano i sintomi predominanti; nessun soggetto, a oggi, risulta aver sperimentato sintomi severi, e tutti sono in isolamento domiciliare. Il livello di ossigenazione ematica è rimasto nella norma in tutti i soggetti durante tutto il periodo di osservazione (per un massimo quindi di 10 giorni finora).

    
La carica virale nei tamponi è risultata compresa in valori usuali, con un massimo a quattro giorni dal sorgere dei sintomi; gli anticorpi serici contro la proteina Spike sono risultati molto alti, come atteso e osservato in precedenza dopo la terza dose.

     
A questo punto, seppure parliamo per ora di un solo cluster di infezioni, si conferma il dato osservato attraverso i saggi di neutralizzazione in vitro: il ceppo Omicron è almeno parzialmente immunoevasivo, anche in presenza di una terza dose di vaccino a Rna.

        
Riguardo la sintomatologia osservata nel cluster di soggetti infetti, nulla si può generalizzare, sia perché tali soggetti sono ancora positivi al virus, sia perché la loro giovane età costituisce un bias sufficiente ad attendersi sintomi comunque lievi o moderati in un gruppo di soli sette individui; per sapere se, come dati preliminari indicano, la sintomatologia indotta da Omicron è davvero più lieve, bisognerà attendere dati epidemiologici consolidati.

    
Al netto di queste osservazioni, è importante sottolineare ancora una volta che, in assenza di terza dose, i dati in vitro indicano una protezione dall’infezione ancora minore che in sua presenza; in attesa di capire meglio la patologia indotta dal ceppo Omicron, è importante pertanto effettuare il richiamo, a partire dai soggetti meno giovani e più fragili.
   

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