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l'analisi

Ora serve tracciare le catene di contagio o rendere obbligatorio il vaccino

Carlo Alberto Carnevale-Maffè

L'attuale versione del green pass è una mezza ciofeca tecnologica. Cosa serve per andare oltre (e non prestare il fianco alla narrativa no vax)

Ammettiamolo. L’attuale versione del green pass all’italiana è una mezza ciofeca tecnologica e un pasticcio legale e organizzativo. E qui lo scrive chi, a marzo 2020, poche settimane dopo lo scoppio della pandemia, fu tra i primi a proporne l’adozione – per difendere la libertà di circolazione intraeuropea dalle chiusure unilaterali delle frontiere disposte dai singoli stati – all’E-Health Network della Commissione europea, oltre che al governo Conte e a una delegazione del Parlamento italiano. Il risultato, allora, fu di ricevere insulti in Italia e sarcasmo da molti partner europei, che all’epoca consideravano il Covid-19 come problema circoscritto a qualche focolaio italiano. Oggi la risposta razionale più corretta ai deliri paralogici dei #NoPass, quella grande chiesa antiscientifica e discalculica che passa dal “Che Guevara” Landini e arriva fino a Madre Giorgia, passando da Forza Nuova attraverso Agamben e Cacciari, non è nascondere i limiti di questa frettolosa versione di certificazione sanitaria. Il dovere dell’onestà intellettuale impone di ricordare che, in questa attuale modalità, il “Covid Certificate” europeo è stato concepito per favorire la mobilità transfrontaliera, non per sedersi al tavolo interno della Pizzeria Bella Napoli. Ma proprio per questo, esso nasce come strumento per garantire la libertà individuale di movimento contro l’arbitrio degli Stati che chiudono unilateralmente i propri confini nella notte della pandemia in cui tutti viaggiatori sono potenziali untori. E’ stato correttamente concepito, in associazione a un regolare documento d’identità, per favorire la libera circolazione, i viaggi e il turismo in tutta Europa. In merito, ascoltare le gutturali rimostranze di postfascisti autonominatisi difensori dei princìpi liberali è quantomeno surreale. Per stroncare le deliranti argomentazioni dei #NoPass è tuttavia necessario riportare il discorso sui corretti piani razionali. L’Europa e l’Italia non hanno tuttora definito, dopo 18 mesi di immani distruzioni economiche e centinaia di migliaia di vittime, un adeguato piano di risposta pandemica. Poiché va garantita la libertà di circolazione nell’Unione, ne consegue necessariamente che ogni soluzione razionale in tema debba essere di profilo europeo.

Il primo piano di intervento è quello della riduzione del rischio di trasmissione, specie in situazioni di elevata concentrazione di persone. E’ qui che nasce correttamente il Covid Certificate, che riserva l’accesso a chi presenti una oggettiva e significativa riduzione (non necessariamente un azzeramento) del rischio di contagio. Ma l’ordine logico-matematico dei livelli di rischio e delle probabilità non è evidentemente tema di facile comprensione da parte dei #NoPass.

Poiché la trasmissione del virus, sia pure con frequenza estremamente ridotta, può tuttora avvenire anche in contesti filtrati dal Covid Certificate, il secondo piano di intervento preventivo deve essere quello della tracciabilità delle catene di contagio. Qui una scelta coerente sarebbe stata di associare il certificato al circuito di app di contact tracing con interoperabilità europea, in Italia rappresentate da Immuni. Peccato che i #NoPass siano molto spesso gli stessi che hanno lanciato un’assurda e criminale crociata contro il tracciamento dei contatti, trovando terreno fertile nell’inadeguatezza delle autorità sanitarie nazionali.
C’è infine il piano dell’intervento sanitario risolutivo, che è quello della vaccinazione di massa. Gli studi più recenti, insieme all’esperienza in Israele e Islanda, evidenziano come la contagiosità della variante Delta, insieme all’effetto non totalmente immunizzante degli attuali vaccini, renda lo scenario dell’immunità di gregge altamente improbabile. Di fronte a queste evidenze empiriche, l’unica scelta razionale è valutare seriamente l’obbligo di vaccinazione per tutti i soggetti sopra i 12 anni. Tutto il resto è una perdita di tempo, un inutile pericolo per migliaia di vite umane e un’enorme minaccia all’equilibrio economico e finanziario nazionale ed europeo.

Usare, come hanno fatto Francia e Italia, il Covid Certificate come strumento di nudging per favorire le vaccinazioni è una mossa tattica giustificabile, ma non risolutiva. E purtroppo perpetua il tono alquanto paternalistico dei provvedimenti che hanno caratterizzato tutta la gestione della pandemia del governo Conte. Oggi il green pass all’italiana è necessario e va pragmaticamente accettato come un male minore, ma avrebbe richiesto configurazione tecnologica, comunicazione pubblica e disegno dei processi e dell’esperienza utente totalmente diversi, per integrarsi correttamente in un piano di prevenzione pandemica di prospettiva europea. Negarne i costi impropri e le inconvenienze, a fronte di una risoluzione solo parziale e incompleta del problema, non è onesto. A questo punto, meglio fare come per il morbillo. Un paio di punturine per tutti, e passa la paura. Praticamente, già fatto.

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