(Lapresse)

il foglio salute

Ora che tutto va meglio, restiamo responsabili

Rosaria Iardino

Le riaperture ci restituiscono l’idea di una normalità tanto attesa, ma troppi ancora non vogliono vaccinarsi. Non abbassiamo la guardia

Il coprifuoco che slitta di un’ora, le palestre che stanno per riaprire, i ristoranti che potranno somministrare cibo anche all’interno: tutto questo ci restituisce lentamente un’idea di normalità che abbiamo aspettato tanto e che un po’ ci spaventa immaginare, visto che nel passato tentativi simili sono falliti dopo poche settimane a causa delle impennate dei contagi. Prima però era diverso, perché, con buona pace dei no vax, la campagna vaccinale è il motivo per cui possiamo guardare al futuro con moderata speranza. Campagna vaccinale che a grandi linee sta procedendo bene in tutta Italia, e a ritmi sostenuti come più volte caldeggiato dalla politica e dal mondo scientifico, tanto è vero che alcune regioni hanno aperto o stanno aprendo anche agli over quaranta, e a scendere.

 

Tutto molto bene, ma c’è un dato sul quale occorre riflettere: l’abbassamento dell’età media delle persone che si potranno vaccinare è un ottimo risultato, ma quanti tra sessantenni, settantenni e ottantenni mancano all’appello? Parecchi, pare. E attenzione perché qui non si parla di soggetti che hanno avuto difficoltà nella registrazione al portale, che non hanno ancora ricevuto la vaccinazione a domicilio o che in virtù di un contagio preferiscono rimandare la data dell’inoculazione. Non si sta nemmeno parlando dei no vax, ma si sta parlando di persone che spinte da diversi motivi temporeggiano. Circolano molti dati riferiti a questa dinamica, dati che al momento riguardano regioni e precise fasce d’età ma che sarà interessante vedere accorpati per capire la dimensione del fenomeno.

 

Quello che è certo è che dietro la riluttanza ci sono da una parte delle resistenze legate alla sicurezza del vaccino – soprattutto di uno, rispetto al quale c’è stata una controinformazione pesantissima – dall’altra l’arroganza di pensare che se le persone intorno sono vaccinate allora anche chi non lo è beneficia di questa situazione. La scoperta dell’acqua calda, vien da dire! Ho già espresso la mia idea sul fatto che la vaccinazione dovrebbe essere un atto dovuto, e a quanto pare occorre ribadirla perché l’immagine dei cittadini che mandano avanti gli altri per proteggere sé stessi assomiglia alla morte della civiltà. E ripeto qui si tratta di persone che hanno fatto vaccinazioni obbligatorie e hanno fatto vaccinare i loro figli in anni in cui la scienza e la tecnologia erano lontane dai livelli attuali, ora però, nell’incertezza, meglio che le cavie siano altre.

 

 

Trovo che sia un atteggiamento inaccettabile da un punto di vista etico e da un punto di vista scientifico, perché i numeri di chi non intende vaccinarsi sono sufficienti a far collassare i reparti di terapia intensiva, quindi la sensazione di miglioramento che avvertiamo tutti non può essere condizione sufficiente a far abbassare la guardia o a sottrarsi a quello che ritengo essere un dovere. Il fatto di vivere in una democrazia non ci esenta dall’essere responsabili verso noi stessi e gli altri. In queste settimane si discute molto anche sui tempi del richiamo, che per molti coinciderebbe con il periodo di vacanza.

 

Logisticamente si è visto che organizzare la campagna non è semplice perché occorrono gli hub e perché alcuni vaccini richiedono una conservazione a una temperatura molto bassa, quindi non si tratta di trasferire le fiale da un posto all’altro, ma di mettere in piedi una filiera complessa. Questo creerà malumori e, c’è da immaginare, rinunce. Il punto è sempre lo stesso: possiamo davvero pensare di poter contare su chi ha già completato il ciclo? Possiamo davvero sottrarci alla nostra responsabilità?

 

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