1 marzo 1919: due uomini sostengono l'uso di mascherine a Parigi durante l'epidemia di influenza spagnola (foto di Topical Press Agency / Getty Images) 

il foglio salute

La pandemia ha accelerato il XXI secolo

Luca Mazzacane

I rapporti tra Europa e Stati Uniti e l’impatto del virus su società e futuro

Dall’inizio della pandemia, o meglio, a partire dalla sua diffusione mediatica nel febbraio 2020, il Covid-19 ha influenzato notevolmente la realtà geopolitica mondiale. Da oltre un anno, è possibile assistere a scombussolamenti politici dettati dalla pandemia. Ne risulta quindi, che il virus possa aver contagiato la globalizzazione, creando distorsioni a livello multilaterale, rallentamenti nello sviluppo e attriti politici degni di nota. Questa narrativa risulta piuttosto lineare e logica: una pandemia danneggia il mondo rendendolo più fragile e acuendo la distanza fra il primo mondo ed il resto del globo. Questa è una narrativa, definibile come mainstream, accettata a livello mondiale, ma non dovrebbe essere l’unica da prendere in considerazione.

 

 

Distogliendo la nostra attenzione dalla trama principale, senza optare per teorie del complotto, si pensi ora al Covid-19 come acceleratore storico e non come agente di rottura. Una tale esternalità negativa non ha distrutto la linearità del mondo multilaterale odierno, quanto ha esacerbato le sue precedenti incrinature. A sostegno di questa tesi, si consideri quattro argomenti cardinali: l’acuirsi del malcontento tra gli stati membri europei, l’inefficienza dei meccanismi multilaterali e sovranazionali, la concezione della proprietà intellettuale e il complesso mantenimento dello status quo statunitense, vigente a partire dal Piano Marshall.

 

Con lo scoppio della pandemia, in Europa si è visto un incremento dell’interesse nazionale rispetto ai valori di cooperazione e sinergia con cui nacque l’Unione europea. Alcuni stati membri decisero di agire indipendentemente per garantirsi le forniture dei futuri vaccini, invece di sposare il framework unitario europeo. Questa logica però era in atto ben prima dell’arrivo della pandemia. Si pensi alla Brexit: il Regno Unito, applicando l’articolo 50 dell’Unione europea, scatenò il desiderio quiescente di alcuni stati membri, pronti a optare per la stessa soluzione. Questo scenario non si è realizzato solo grazie alla linea dura decisa da Bruxelles nei confronti di Londra, intimidendo gli altri stati membri e creando un precedente tutt’altro che positivo. Si rifletta anche sulla resistenza di alcuni giovani stati membri ad abbandonare il proprio stato di diritto in favore di quello sovranazionale. In questo caso, Polonia e Ungheria, hanno più volte sfidato l’Europa ben prima dell’arrivo del Covid-19.

 

Come secondo argomento, si consideri il WTO. Negli ultimi anni l’acredine tra i diversi membri del WTO, nella quale sono presenti stati del primo, secondo e terzo mondo, ha portato in auge il pensiero che l’Organizzazione necessitasse una revisione e una conseguente modernizzazione. Lo dimostra il vuoto legislativo che definisce un paese come sviluppato o in via di sviluppo, permettendo a nazioni già sviluppate di ricevere ulteriori fondi e trattamenti privilegiati. Lo conferma il fallace meccanismo di risoluzione di dispute. Recentemente, gli Stati Uniti hanno promosso la rimozione temporanea dei brevetti vaccinali, permettendo quindi agli stati più in difficoltà una produzione autonoma, senza royalties. Una proposta nata a ottobre del 2020 grazie a India e Sudafrica, ma che non venne mai presa in considerazione sino al rilancio statunitense. Ora, Washington priorizza questo argomento in seno dell’Organizzazione, ma la risoluzione non sarà immediata. Oltre alla levata di scudi europea, bisogna considerare l’obsoleto e macchinoso metodo di negoziazione del WTO. Si necessiterà di almeno un mese per l’apertura di un panel sulla proprietà intellettuale, volto a mediare il proposito. Questa realizzazione risulta però difficoltosa: basterà anche solo un voto negativo da parte di uno dei 164 stati membri per far saltare le negoziazioni.

 

 

La rimozione dei brevetti vaccinali è un argomento non nuovo all’opinione pubblica. Nel 2015, l’ Unione europea promosse la sospensione a tempo indefinito dei brevetti. Questa si volse a favore dei paesi di sviluppo, in maniera tale da livellare la distanza conoscitiva e tecnologica con il primo mondo. A oggi, Bruxelles e Washington hanno radicalmente invertito il proprio credo di fronte al WTO. A infiammare il discorso però non è il semplice malcontento, lucroso, delle Big Pharma, ma anche l’idea che senza proprietà intellettuale non sia possibile garantire la qualità del prodotto. Berlino ha posto seri dubbi sulla mozione americana. Secondo Angela Merkel, la decisione di Biden è poco lungimirante e inesatta. Secondo la Cancelliera infatti, le limitazioni vaccinali attuali sono legati alla capacità produttiva e ai necessari alti standard qualitativi della produzione, non ai brevetti. Inoltre, secondo la Merkel, la proprietà intellettuale è fonte stessa di innovazione e non deve essere minata per i progressi futuri.

 

Infine, la pandemia ha accelerato il processo di consolidamento dello status quo americano post Trump. La dichiarazione di Biden ha una forte connotazione politica, dove Washington si pone nuovamente al primo posto come risolutore globale, dopo aver subito una politica fortemente nazionalista negli ultimi 5 anni. Un dettaglio notato dalla diplomazia francese, che ha recepito l’invito statunitense come una lezione di solidarietà inesatta. Agli atti, l’Europa non ha mai interrotto le sue esportazioni e la Francia ha già consegnato più di 100 mila dosi a COVAX, mentre Washington non ha ancora effettuato donazioni.

La pandemia, oltre a una crescita anticipata della ricerca, ha accelerato il processo storico del XXI secolo, richiedendo una risoluzione immediata di problematiche affrontabili tra 10-20 anni e diventando campo di prova per il nuovo approccio globalista sposato a inizio secolo. Non è la prima e non sarà l’ultima casistica nella quale una pandemia dona forma alla società e al futuro del mondo, cambiando radicalmente il corso della storia. Del resto, se l’influenza gialla non avesse bloccato il processo espansionistico napoleonico nell’Atlantico, come il tifo in Asia, ora probabilmente conosceremmo una realtà storico-sociale ben diversa da quella in cui viviamo oggi.

Di più su questi argomenti: