Roma Capoccia - la tradizione abbandonata
Panzanella PPP
La scomparsa di uno dei piatti romani più poveri, secondo Sergio Citti e Pier Paolo Pasolini prima della sua nuova vita (a caro prezzo)
Lo trovò alle prese con il taglio del pane. Un coltellaccio seghettato in mano e briciole che saltavano via ovunque. Sulla tavola una ciotola con i pomodori tagliati a pezzetti, in un’altra il rosso spento, venato dal giallo dei semi, del liquido della polpa. Spezzò grossolanamente il pane raffermo dentro quest’ultima, ci aggiunse l’aceto e un filo d’acqua. Dopo poco lo strizzò leggermente e si mise a tagliare le cipolle, a tritare l’aglio, il peperoncino e la mentuccia. Solo allora Sergio Citti si girò verso l’amico che stava guardando la scena per dirgli che lui il cetriolo non ce lo metteva, anche se era uso mettercelo. A lui piaceva così, semplice. Aggiunse che ormai la panzanella se la doveva fare lui, perché in giro non si trovava quasi più, che la gente non aveva più voglia di mangiare quello che mangiava quando moriva di fame, ma a lui la panzanella gli piaceva assai lo stesso e che avrebbe continuato a farla.
Era più o meno l’inizio degli anni Settanta quando Pier Paolo Pasolini assistette alla preparazione della panzanella da parte di Sergio Citti. Non si sa perché ne fosse rimasto affascinato, ma sia Sergio che Franco Citti ricordarono che quella scena la tirò fuori spesso.
La utilizzò anche all’interno della sceneggiatura quella a cui Pasolini si era dedicato a lungo assieme a Sergio Citti e Giulio Paradisi. Voleva portare sul grande schermo – con Ninetto Davoli come protagonista e la regia curata da Giulio – l’Histoire du soldat, l'opera da camera composta da Igor Stravinskij nel 1918 su libretto di Charles-Ferdinand Ramuz. Vedeva in quella storia, la storia che i suoi contemporanei stavano vivendo nella società dei consumi e della televisione. E vedeva nella scomparsa della panzanella, la scomparsa delle realtà particolari che erano riuscite a sopravvivere pure al regime fascista.
La panzanella è l’ultima cosa mangiata dal soldato Ninetto prima di vendere l’anima al diavolo e la prima cosa che torna a mangiare quando cerca di scappare dal diavolo.
La panzanella era sparita dalle osteriole, dalle trattorie – nei ristoranti non c’era mai entrata – e spesso anche dalle cucine romane. E’ tornata, entrando pure nei ristoranti. Era un piatto estivo, poverissimo, buono, molto buono, a patto che i pomodori lo fossero. Ora lo si trova pure d’inverno, anche a più di dieci euro a porzione. Anche se i pomodori d’inverno sanno di serra.
Roma Capoccia - Odo romani far festa