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Roma Capoccia

D'estate fa caldo, ma per fortuna c'è lo smart working da Ansedonia o Sabaudia

Gianluca Roselli

Fino a fine luglio temperature altalenanti con picchi di 40 gradi. Roma non si ferma ma entra in risparmio energetico. E chi può cerca ristoro altrove 

E’ dunque peggio di altri anni? Parliamo del caldo, che in queste ore è l’argomento principale in città. Anche se, forse, per sentirlo di meno, sarebbe meglio non parlarne affatto. Con un interrogativo fisso in testa: quanto durerà? Su questo punto vogliamo rassicurare: secondo Meteo AM, il sito dell’Aeronautica militare (per molti l’unico davvero affidabile, con le previsioni che non superano i 5 giorni), dopo i 41 gradi, da domani si torna su più vivibili 35 di massima, e questo significa che la sera scenderà anche la minima (“è la sera che lo soffro, il caldo”, ripete un amico, come una litanìa). Ma la prossima settimana ci sarà un nuovo picco oltre i 40: insomma, fino a fine luglio si balla (o meglio si squaglia), poi ad agosto chi vivrà, vedrà (ma dovrebbe andar meglio). Il raffronto mentale va con gli altri anni, ma – senza voler fare i negazionisti rispetto al cambiamento climatico  – a Roma, specie a luglio, il caldo c’è sempre stato. Con estati già memorabili: alcuni ricordano quella del 2003 (“andavamo in motorino a Ostia per incamerare aria”), altri quella dell’anno scorso, quando il caldo non mollò la presa fino a fine agosto (“arrivammo a Fiumicino dalla Turchia e sembrava di stare a Riad”). Insomma, i ricordi s’accavallano, s’intrecciano e si confondono: era quell’estate di Salina o quella prima della Grecia? Ma in fondo la città è abituata, perché poi, tra 38 e 41 gradi, non c’è molta differenza. Anche perché, rispetto a Milano, qui l’umidità è minore. I romani, ormai, sul tema sono preparati e resilienti. Dagli inizi di luglio la città si mette in modalità “minimo sindacale”: la proverbiale indolenza raggiunge i massimi. Questo non significa che la città si fermi, anzi. Ma si va col freno a mano tirato, per non sprecare energie. Si affronta tutto ciò che non si può evitare, per il resto meglio rimandare a settembre (“chiamami appena torni dalle ferie che organizziamo”).

I fortunati che possono permetterselo, verso il 10 di luglio si dileguano, lavorando fino alle agognate “ferie” da remoto, l’unica eredità positiva lasciata dal covid. Così, se prima si portava la famiglia al mare e si tornava in città a portare avanti la carretta (ma anche a godersi un po’ di solitudine), ora si trasferiscono tutti, con moglie e marito a fare riunioni via web in maglietta e calzoncini da Ansedonia o Santo Stefano, da Sabaudia o Sperlonga. “Vuoi mettere, quando hai finito, un aperitivo in riva al mare?”. Va forte pure il casolare in Umbria o nella Tuscia, con amici per smezzare le spese. Ma il lavoro da remoto è gradito anche a chi sta in città. “Non mi devo scaraventare in ufficio alle 9 del mattino, faccio le riunioni da casa e poi vado, con più calma, nel pomeriggio”, racconta un amico di uno studio legale. Insomma, ci si organizza, sapendo che è un periodo dell’anno un po’ così, non bisogna chiedere troppo. Non siamo anglosassoni: “L’estate in Uk non è mai arrivata, è una Brexit anche climatica”, titola il sito di un quotidiano, raccontando come a Londra ci sia una massima di 22 gradi. Il problema semmai, ma qui non vogliamo addentrarci troppo, è che, con queste temperature, con i cumuli di rifiuti per le strade, si rischia l’emergenza sanitaria. A soffrire più di tutti, però, sono i turisti, costretti a girovagare per la città sotto il solleone, con tutte le controindicazioni del caso, dai possibili malori ai disservizi. Per il resto, la capitale tiene botta, come ha sempre fatto. “Il condizionatore? Solo in modalità deumidificatore…”. Insomma, non siamo ancora dentro Siccità, film di Paolo Virzì che immagina una Roma africana dove non piove da tre anni. Per (nostra) fortuna siamo ancora più nel Sorpasso, dove Vittorio Gassman-Bruno Cortona vagabondava in una città assolata e deserta in cerca di un compagno di viaggio. Poi anche il lessico ha le sue colpe. “Cerbero, Caronte, er prossimo direttamente Lucifero no…?”, suggerisce il barista sotto casa, sfogliando il Messaggero. Anche perché, ammettiamolo, le notizie sul caldo ai media fanno comodo: si portano via un paio di pagine ogni giorno sui quotidiani e cinque minuti garantiti nei tiggì della sera, pure coi consigli dell’esperto e gli stucchevoli servizi da piazza di Spagna e dalle spiagge. E allora, daje Caronte-bis…

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