Il Ponte della musica a Roma (Ansa)

Roma Capoccia

Un boulevard dell'arte, della scienza e dello sport lungo via Guido Reni

Marco Lodoli

Ridefinire la zona che va dal Ponte della Musica fino all’Auditorium e a Villa Glori. E ripensare il futuro della città, dalla cultura all'urbanistica. Idee per il prossimo sindaco di Roma

Una città come Roma pretende di rilanciarsi nel tempo con la sua storia millenaria ma anche con la capacità di aggiungere qualcosa di nuovo, di agganciare il passato al futuro, altrimenti corre il rischio – come sta accadendo a Venezia e Firenze – di imprigrire guardandosi allo specchio, di diventare un’inerte collezione di capolavori. Ogni tanto serve una scossa, una botta di fantasia e di coraggio, un progetto ambizioso. Da anni mi gira in testa un’idea che forse il nuovo sindaco, chiunque sarà, potrebbe audacemente realizzare. Si tratta di ridefinire quella zona di Roma che va dal Ponte della Musica fino all’Auditorium e a Villa Glori, il lungo e stimolante tragitto di via Guido Reni e oltre.

 

Attualmente è uno stradone un po’ anonimo, intasato dalle macchine parcheggiate al centro, ma potrebbe trasformarsi nel Boulevard dell’Arte, della Scienza e dello Sport, nelle Ramblas dell’immaginazione e della tecnica, in un percorso unico al mondo dove romani e turisti potrebbero passeggiare felicemente, affascinati e meravigliati da tanta intelligente bellezza. Oggi il Ponte della Musica, 190 metri di acciaio e cemento, un dorso di dinosauro progettato da Buro Happold e Kit Powell-Williams, è assediato dall’incuria, dalla sporcizia, dall’indifferenza. Sulle sponde del Tevere si ammucchiano “monnezze”, bottiglie ubriache, graffiti sovrapposti, uno schifo totale. Quando fu inaugurato, nel 2011, era un gioiello, ora pare già un mezzo rottame dimenticato. Va ripulito, risistemato, rallegrato dalla musica che sgorga dagli altoparlanti, com’era all’inizio. Il maestro Trovajoli, a cui il ponte è dedicato, credo che oggi si ribalti nella tomba. Dal ponte parte la nostra immaginaria passeggiata in un viale che sogno pedonalizzato e luminoso, tra chioschi di fiori, edicole, simpatici ristorantini, fino ad arrivare a un altro capolavoro dell’architettura contemporanea, il MAXXI di Zaha Hadid, aperto ufficialmente nel maggio del 2010. 

 

È il Museo dell’Arte del XXI secolo, ma la mia impressione è che fino ad oggi non abbia reso quanto potrebbe. Grandi mostre non ci sono state, i suoi spazi interni, cosi curvi, inventivi, spettacolari non richiamano ancora la curiosità della gente comune. E invece potrebbe davvero essere la centrale propulsiva dell’arte contemporanea, offrire a getto continuo mostre e proposte nate dalla fantasia del nuovo millennio. Davanti al MAXXI c’è un grande spazio semi-abbandonato che, così si diceva, avrebbe potuto ospitare il Museo della Scienza, e invece a quanto pare sarà destinato a edifici residenziali e a un grande albergo. Un’occasione sprecata, come tante qui a Roma. Più avanti, oltre viale Tiziano, appare il Palazzetto dello Sport, un astronave armoniosa disegnata da Annibale Vitellozzi e realizzata da Pier Luigi Nervi, circolare, perfetta come il tempietto di Bramante al Gianicolo. Qui giocava la squadra della Roma Pallavolo, che vinse un campionato e poi si sciolse, e la Virtus, la prima squadra di basket romana, anch’essa dissolta nel nulla.

 

Ora sono finalmente cominciati i lavori di recupero del Palazzetto, che per anni è rimasto abbandonato a se stesso, devastato dai vandali, dimenticato da Dio e dall’amministrazione comunale. Una perla gettata ai porci, un capolavoro degradato e sbaraccato. Va restaurato in fretta, deve essere una tappa fondamentale del nostro boulevard della bellezza e dell’energia vitale. Fa il paio col Palazzetto lo Stadio Flaminio, nato nel 1959 sulle ceneri del vecchio Stadio Nazionale, poi ribattezzato Stadio Gran Torino, dopo la tragedia di Superga. Progettato da Antonio Nervi, figlio di Pier Luigi, sta nelle pagine di tutti i manuali di storia dell’architettura, ma ormai è inutilizzato da anni e si è trasformato in una maceria avvilente e pericolosa, terra di nessuno. Il prato è un’arida savana, i locali interni sono stati sfasciati rabbiosamente, le gradinate scricchiolano. Va assolutamente recuperato prima che crolli come un castello di carte, può diventare la casa di tanti sport, un bene collettivo, una tappa felice della nostra fantastica passeggiata romana.

 

E infine, camminando camminando per questa nuova strada del mondo, si arriva all’Auditorium di Renzo Piano. Ricordo quando ho portato qui i miei studenti di Torre Maura e Torre Spaccata: sono rimasti a bocca aperta come davanti al Colosseo o a San Pietro, gli occhi pieni di tanta contemporanea bellezza, totalmente incantati. Purtroppo ormai da quasi due anni, a causa del Covid, le sale per i concerti sono chiuse, è chiuso il bar che un tempo era sempre pieno di universitari che studiavano e dei frequentatori della libreria e della musica. L’Auditorium sembra un gigante triste, che aspetta solo di rimettersi in moto, ma non sa come e quando. Volendo, il nostro ipotetico boulevard potrebbe raggiungere anche la collina di Villa Glori, un parco piccolo e delizioso, poco distante: oggi è messo malissimo, erbacce, panchine divelte, prati secchi, ma potrebbe tornare a essere un giardino magnifico, basta volere e fare. Insomma, questa è la mia proposta, un percorso largo e lungo tra il Ponte della Musica e Villa Glori, tra i più grandi capolavori dell’architettura del Novecento e del nuovo Millennio: via le macchine, solo una strada del pensiero e del corpo, tra musei e luoghi dello sport, tra scienza e musica, tra il verde e l’azzurro. Verrebbe gente da tutto il mondo per scorrere su questa arteria pulsante, per incontrarsi e parlare di quanto è bella Roma, ieri e oggi, tra le antiche rovine dei Fori e la voglia di incamminarsi curiosi verso il futuro.