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A Roma l'opposizione dov'è?

Marianna Rizzini

Virginia Raggi va in tv baldanzosa, ma tutti i problemi sono rimasti lì dov'erano. Lo stallo di Partito democratico e Lega

Roma. Virginia Raggi è stata assolta nel processo per falso (caso Marra) perché il fatto non costituisce reato e il referendum consultivo per la messa a gara del servizio di trasporto pubblico locale, indetto da Radicali Italiani e Radicali Roma, si è fermato al 16 per cento (con i Sì oltre il 70 per cento). E il sindaco, che venerdì scorso aveva l’aria di chi è in bilico sull’orlo del baratro, martedì si è presentata negli studi televisivi di “Porta a Porta”, su Rai1, e “DiMartedì”, su La7, con la baldanza di chi si sente vincitore, a dispetto dei problemi insoluti di Roma (che la espongono al giudizio dell’elettorato tanto più ora che su di lei non incombe una sentenza).

 

L’opposizione, intanto, però, a destra come a sinistra, deve scegliere il percorso, per non perdere tempo e trasformare il malcontento generalizzato in futuri voti. Come si sta muovendo? Da una Lega locale (ex Fratelli d’Italia) che sulla capitale sta scommettendo dopo l’arrivo al governo di Matteo Salvini, Maurizio Politi, consigliere salviniano in Campidoglio, dice che “il punto non è l’assoluzione di Raggi” e che comunque “la Lega non ha mai tifato per la condanna: il problema è prima di tutto politico, coperto in un certo senso dall’inchiesta. Adesso noi puntiamo alla campagna per i poteri speciali da attribuire a Roma Capitale. Questa è la nostra priorità”. Non parla ancora di nomi, la Lega, ma fa concorrenza sulla sostanza: “Si è visto dalle ultime interviste televisive che Raggi non è sulla nostra linea in tema di sicurezza”, dice Politi. “Abbiamo provato in ogni caso a dialogare, ad aiutare, ma il sindaco non parla con nessuno. Noi ci siamo per la città”. Sottotraccia corre l’intesa Salvini-Meloni, in prospettiva pericolosa per Raggi ma anche per il centrosinistra che ha in città, a specchio, lo stesso problema non risolto sul piano nazionale: trovare un’idea e un nome attorno a cui portare le forze non del tutto fiaccate dalla sconfitta elettorale di marzo.

 

Dice il segretario del Pd romano Andrea Casu che l’esito del processo a Raggi “è ininfluente” per i democratici che “continueranno a fare opposizione in Consiglio, a chiedere le dimissioni del sindaco per il suo fallimento politico e a farsi sentire nelle zone della città dove questo fallimento è più evidente”. In concreto, dice Casu, “non vogliamo partire da un nome ma dalle energie, dal costruire una coalizione forte. In questo senso il referendum Atac ha dato un segnale di risveglio: i circa trecentomila ‘Sì’ sono un punto fermo da cui ripartire”. Il deputato Luciano Nobili ha studiato i dati Youtrend: “Mi ha colpito che nel primo municipio ci siano stati circa 25 mila ‘sì’, quasi lo stesso numero di consensi arrivati a Roberto Giachetti nel 2016. Lo zoccolo duro è ancora lì. Il referendum è stato silenziato e boicottato in ogni modo, ma è stato un voto importante che ci indica la strada”.

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  • Marianna Rizzini
  • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.