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Gli industriali romani si schierano per il Sì. Parla Tortoriello

Gianluca Roselli

Secondo il presidente di Unindustria "la vicenda Atac ruota intorno a un punto fondamentale: ai romani e alla città va offerto un servizio di trasporto pubblico migliore"

Roma. “Mi auguro che domenica il referendum sulla liberalizzazione del trasporto pubblico raggiunga il quorum e che prevalgano i Sì. A quel punto il Campidoglio dovrà tenerne conto”. Filippo Tortoriello, ad di Gala Spa (gruppo che opera nel settore dell’energia), è presidente di Unindustria, l’unione degli industriali del Lazio che rappresenta circa tremila realtà imprenditoriali per un totale di 220 mila dipendenti, il 25 per cento degli addetti al settore privato della regione. Gli industriali romani da tempo sono critici nei confronti dell’amministrazione della sindaca Virginia Raggi, ma sul referendum sull’Atac non si erano ancora schierati.

  

Presidente Tortoriello, dunque siete per il sì?

“Io considero sempre positivo quando si ascolta la voce dei cittadini. E mi sorprendo nel vedere una forza politica che si presenta come vicina al popolo essere ostile al referendum. La vicenda Atac ruota intorno a un punto fondamentale: ai romani e alla città va offerto un servizio di trasporto pubblico migliore. Noi, inoltre, siamo per la liberalizzazione del mercato in tutti i settori e mi dispiace vedere che oggi, invece, si vada nella direzione contraria”.

 

Il trasporto pubblico a Roma è assai scadente. Di chi è la colpa?

“La responsabilità principale va attribuita alla governance di Atac: i risultati, sia come servizio al cittadino sia come bilanci aziendali, sono il frutto di una cattiva gestione da parte dei manager che si sono succeduti nel corso degli anni. A questo va aggiunto un ruolo dei sindacati assai conservativo”.

 

Cgil e forze alla sinistra del Pd sono contrari alla privatizzazione.

“Appunto. Ma occorre avere un approccio laico al problema, non ideologico. E chiedersi: i romani hanno mezzi pubblici degni di una Capitale internazionale? La risposta è no, quindi qualcosa va cambiato. Appare inoltre insensato andare avanti con un’azienda, l’Atac, in continua perdita di denaro. Lo stesso si può dire di Ama. L’altro giorno c’è stato lo sciopero della raccolta rifiuti. Lei pensa che qualcuno in città se ne sia accorto”?

 

No.

“Ecco, i rifiuti stavano per strada come gli altri giorni. Però la liberalizzazione dei trasporti, con gara pubblica e trasparente, e sempre sotto il controllo pubblico, è un buon punto di partenza, ma non basta”.

 

Cosa ci vuole?

“Occorre avere un piano, una visione su come dovrà essere la mobilità a Roma nei prossimi 20 o 30 anni. A mio parere, è inutile insistere sulla metropolitana. Vanno sicuramente terminate le linee in costruzione, ma poi bisogna virare su progetti di metro leggere, di superficie, su una rete di linee tramviarie, realizzando anche infrastrutture adeguate”.

 

All’assemblea di Unindustria, a ottobre, lei ha detto che Roma è ferma, che manca una visione. Raggi ha risposto parlando di “attacco bizzarro”.

“Raggi è diventata sindaca in una situazione di oggettiva drammaticità, ma dalla sua elezione è passato un tempo congruo senza segnali di cambiamento. Non si può continuare a dire che è colpa di quelli che c’erano prima. Se lo immagina un ad di un’azienda privata che per due anni non fa altro che dare la colpa del suo insuccesso ai predecessori? Gli azionisti gli darebbero il benservito”.

 

In cosa finora è mancata questa amministrazione?

“Mancanza di progettualità e visione del futuro. Non solo non si risolvono le emergenze quotidiane, ma mancano totalmente le idee su cosa Roma dovrà diventare nei prossimi anni. Le altre città ci superano, mentre noi stiamo a guardare. La competizione ormai non è più tra le imprese, ma tra i territori: Roma nei prossimi 20-30 anni deve ambire a rientrare nelle 20 capitali più importanti al mondo. Deve tornare a essere attrattiva per le aziende, le competenze, i capitali. Per il rilancio della città, insieme ad Ambrosetti, abbiamo messo a punto un piano anti-declino: Roma futura 2030-2050, dove delineiamo gli obbiettivi per tornare a essere competitivi a livello internazionale”.

 

Come rappresentante degli industriali si addebita qualche colpa? A volte a Roma sembra mancare una borghesia illuminata…

“Avremmo dovuto fare più da pungolo nei confronti dell’interlocutore politico di turno. Il nostro compito è creare lavoro e occupazione. E’ vero, potremmo essere più coinvolti nei progetti della città. Ma quando manca una visione del futuro, tutto è più complicato”.

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