La foto condivisa sui profili social del comune di Roma (foto LaPresse)

Invasione pennuta. Ritratto di gabbiano romano (in un esterno)

Michele Masneri

Di mare, di lago, ci sono tante sottospecie, dalla piccola gabbianella al possente mugnaiaccio, e paiono romani da sempre

Il sito del comune è bloccato per rinnovo, e dunque non si può leggere il vademecum anti-gabbiano emesso nei giorni scorsi, quello che avvisava che i grossi volatili sono entrati nel temibile “periodo riproduttivo”. Periodo delicatissimo, diceva il comune, tocca evitare di nutrirli, di incoraggiarli a riprodursi (niente family day per gabbiani), perché se si accoppiano ora, una volta fatto il nido e deposte le uova, sarà poi impossibile mandarli via (mentre mamme gabbiane e papà gabbiani diventano ulteriormente aggressivi a difesa della prole). Il rapporto del comune con il volatile è però ambiguo, se da una parte infatti mette in guardia contro gli accoppiamenti, sui profili Facebook e Instagram di Roma Capitale si postava giorni fa un bel primo piano di un uccellone appollaiato sui Fori, con hashtag #buongiornoroma. E del resto, si sa che la città vive un rapporto difficoltoso coi suoi simboli. Volatili di mare e di lago, i gabbiani, nome latino larina, con tante sottospecie, dalla gabbianella di trenta centimetri e un etto di peso, ai due chili del possente mugnaiaccio (che pare il ceppo più inurbato in Roma Capitale), paiono romani da sempre, al pari della lupa, ma arrivarono a Roma solo quarant’anni fa, a seguito dell’apertura delle grandi discariche, spiegò al Corriere della Sera l’esperto Piero Genovesi.

 

Sono oltre diecimila, disse, e in costante crescita. Di fronte a questa invasione pennuta, la politica è inerme: nessuno osa respingimenti, destra e sinistra subiscono. Perfino Casa Pound tace. Solo il commissario Tronca ci provò; aveva istituito infatti un tavolo sulle “specie infestanti e problematiche”, e una multa di 500 euro per i ristoratori che tengono i sacchi di monnezza in mezzo alla strada – per i gabbiani, una deliziosa apericena. Ma niente di sostanziale accadde. Del resto cosa può la politica, anche se commissariata, contro un volatile così (per definizione) problematico? Tocca dunque dialogare. Così un grande sindaco come Walter Veltroni aveva perfino un amico gabbiano. Lo confessò proprio al Foglio. “La mattina, quando esco di casa, incontro spesso un gabbiano che se ne sta a frugare dentro il cassonetto”. “Sembra Genny, il camorrista di Gomorra”, disse Veltroni. Probabilmente era un gabbiano della razza mugnaiaccio, la più pingue. O forse era nel periodo riproduttivo.

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