Edicole senza giornali

Andrea Minuz

Dall’Esquilino a Monti, le edicole sono ormai come i camion dei Tredicine: paccottiglia e souvenir

Spariranno prima i giornali di carta o le edicole? Per uno degli edicolanti rimasti aperti a Piazza Vittorio non c’è dubbio: “Morìmo insieme”. La risposta sembra uscita da un finale di stagione di “Romanzo Criminale”, ma la spiegazione è semplice: “I giornali li comprano solo i vecchi e guarda qui all’Esquilino… i cinesi si so’ presi tutto, ristoranti, bar, negozi, palazzi…tutto, tranne le edicole, perché?”. Perché? “Perché non so’ mica scemi, ecco perché”.

 

A Roma, come in altre città, le edicole serrate ricoperte di graffiti sono ormai parte del paesaggio urbano insieme alle cabine del telefono sfasciate vicino ospedali e stazioni. Pochi metri più giù, verso via dello Statuto, s’intravede ancora la scritta sbiadita, “ricariche Tim”, sopra un’edicola chiusa, ultimo sussulto di attaccamento alla vita per un lavoro sprofondato in una crisi che appare irreversibile. Se la passa meglio quella di via Merulana, davanti al Teatro Brancaccio. Anche perché sta accanto alla storica panetteria “Panella”, forno à-la-page affettuosamente soprannominato “Bulgari” dai romani per via dei prezzi e adottato da cinematografari, giornalisti e scampoli di ceto medio riflessivo residente in zona come luogo dell’aperitivo e punto-brunch della domenica.

 

A Monti, invece, nell’edicola in piazza gestita fino a pochi anni fa dal figlio di Fausto Bertinotti, passavano Mario Monicelli e Valentino Parlato a comprare “Il Manifesto”. Ora è il chiosco di un bengalese. La mattina vende i giornali ma se cerchi un quotidiano il pomeriggio, trovi solo spritz e birre. Le edicole diventano chioschi, info-point, bazar o tutte e tre le cose. Come quella di Piazza Esedra, gestita da un peruviano e due bengalesi che sul marciapiedi vendono ticket-bus ai turisti. L’insegna recita “Open bus, metro, aeroporto, Naples, Florence, Pompei, Capri”. Dentro c’è di tutto: souvenir, tazze del “Padrino”, calendari coi preti belli, t-shirt con gli addominali dei centurioni, pupazzetti di Totti, Papa Francesco, Gesù, Balotelli, dvd porno a debita distanza dal papa, zainetti, magneti e calendari. E i giornali? “Vendiamo qualche quotidiano straniero ai turisti, italiani poco, quasi niente”.

 

Ma per farsi un’idea del futuro dei giornali bisogna farsi un giro a San Lorenzo, cuore della movida universitaria fuorisede. Qui comprare un quotidiano può essere un’impresa. I vecchi affittano le case agli studenti, gli studenti non comprano giornali, le edicole chiudono. “Paghiamo luce e affitto perché vendiamo ancora le figurine”, dicono i bengalesi dell’edicola di Porta Tiburtina. Fino a qualche anno fa si vendeva anche “Porta Portese”, ma poi “Internet ha rovinato tutto”. “Giovani no-compra niente, comprano solo vecchietti no-capaci-di-Internet”, mi spiegano. Cosa comprano? “Il Messaggero e un po’ di dvd porno, ma anche porno vende poco”.

Andrea Minuz

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