Barack Obama (foto LaPresse)

A Milano Obama lancia i giovani contro il populismo, la "quarta via"

Paola Peduzzi

L'ex presidente fa l’occhiolino a Renzi e lancia il suo nuovo progetto dei giovani contro il populismo

Milano. I giovani combatteranno il populismo, ha detto Barack Obama nella sua visita milanese, che è stata anche un viaggio nella nostalgia per noi spettatori, ognuno con un aneddoto da raccontare su sé e l’ex presidente (noioso tendenzialmente) e frammenti di passato che riemergevano tra i sospiri. Ospite di “Seeds and chips”, il summit internazionale sull’innovazione alimentare, Obama ha parlato di cambiamento climatico, di sfide per il futuro, di innovazione, ma soprattutto ha messo la prima pietra del suo nuovo progetto, che porta il nome banale di Fondazione, ma che è un esperimento che riporta l’ex presidente alle sue origini, quelle di “community organizer” – ma in versione globale. “Le voci dei giovani spesso non vengono ascoltate – ha detto Obama – ed è per questo che io con Matteo (Renzi, ndr) e altri stiamo cercando di creare un network di attivisti globali, che possono essere politici, imprenditori, giornalisti operatori umanitari” e insieme possono essere “più efficaci”.

 

L’Associated Press martedì ha pubblicato un articolo su Obama che inizia a “definire il suo ruolo nel mondo”, forgiando un’eredità politica ammaccata irrimediabilmente dalla sconfitta clintoniana e dall’ascesa di Trump. Ci sono gli aspetti interni, i consigli dati da Obama al suo successore e mai ascoltati (come quello sulla vulnerabilità dell’ex consigliere Michael Flynn di cui discute ora il Congresso) e c’è l’universo liberal che ancora s’aggrappa all’ex beniamino, che pure con il partito non è mai stato particolarmente benevolo, sperando di creare un’opposizione credibile alla Casa Bianca disarticolata di Trump. Obama è consapevole del fatto che buona parte del suo mondo democratico è rimasto indietro rispetto a quello conservatore, ha disertato il “grassroot” lasciandolo a varie forme di populismo – vedi Bernie Sanders – e ha dimenticato la vita locale: “Limousine liberal” vi dice qualcosa? Ecco. Le stazioni radiofoniche di successo con le voci dei cittadini sono conservatrici, un outlet informativo che si vende come il monopolista di “quello che nessuno vi racconta” come Breitbart è conservatore, e non ci sono voci alternative abbastanza capillari da controbattere con la stessa energia e convinzione. Ci sono i “detox” dei grandi giornali internazionali, ma spesso non sono sufficienti. Il community organizer vuole ripartire da lì, da questo cortocircuito cui la sua presidenza non è certo estranea, con un approccio che non è più elitario ma torna a essere dal basso verso l’alto, più territorio che palazzo. L’algido calcolatore Obama prova a mostrare di avere un cuore, ricominciando dalla prima intuizione e nutrendosi anche della nostra straordinaria nostalgia, ma essendo anche un brand globale e un ex presidente “storico” non si vuole fermare all’America. Vuole ritagliarsi un ruolo di calamita internazionale, post ideologico, pragmatico, ché si sa che con le dottrine l’ex presidente non ha mai avuto dimestichezza.

 

Noi che ci appassioniamo alle etichette potremmo dire che l’ambizione obamiana è una “quarta via”, un nuovo progetto-calamita che ricalca le aspirazioni della “big tent” blairiana ma prova a proiettarla verso il futuro, ché rimasticare una formula degli anni Novanta non è più possibile – e poi quella era la via clintoniana, certe eredità non si possono sovrapporre troppo. Obama non predilige una prospettiva ideologica netta come avvenne allora, non cerca un manifesto da ostentare, così come non ambisce a un processo di selezione dal palazzo, perché anzi è proprio questo che ora viene digerito con tanta difficoltà da buona parte degli elettori occidentali. Obama vuole fare da ombrello alle forze progressiste in giro per il mondo, non esclusivamente politiche. I giovani combatteranno il populismo è la prima pietra di un movimento che si articola in modi differenti, ma che segue una linea che si sta delineando chiaramente, nell’affanno di trovare una risposta all’insofferenza cosiddetta antisistema: non si può rincorrere i populisti sul loro terreno, lì si è spacciati, si deve delineare un campo di battaglia differente. Non è un caso che Obama abbia fatto un endorsement esplicito a Emmanuel Macron, neopresidente di Francia, che questo progetto l’ha fatto diventare realtà e che è a oggi la calamita vivente, e di successo, di forze rinnovatrici. Qui a Milano Obama ha passato molto tempo con Matteo Renzi, ex premier e leader del Pd, che il rinnovamento lo ha tentato e lo tenterà ancora, e il mese prossimo andrà da Angela Merkel, cancelliera tedesca che oggi fa da custode del mondo liberale, sovrapponendosi alla prima visita europea di Trump, perché anche se l’ispirazione è riunificatrice, qualche dispetto molto partisan è bene non risparmiarselo.

 

Ben Rhodes, ombroso consigliere obamiano di cui tutti citano alternativamente antipatia e perfidia, sarà il responsabile dello scouting internazionale, della selezione di progetti e leader che possano rendere concreta l’offerta obamiana di una casa progressista in cui accomodarsi insieme. Quanto all’efficacia, ognuno dovrà cercarsela un po’ da solo.

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  • Paola Peduzzi
  • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi