Che cosa ha rappresentato davvero la manifestazione anti Salvini

Maurizio Crippa

La manifestazione “Europa senza muri” non è stata il flop che i commentatori della destra hanno raccontato. Ma nemmeno la spallata alla linea del titolare del Viminale che molti a sinistra sognavano

Tremila per la questura, quindicimila per gli organizzatori. Il balletto un po’ comico delle cifre sembra quello dei vecchi tempi. Ma tre giorni di commenti dopo la giornata del Ministro-Capitano e dell’Ungherese a Milano, e soprattutto della piazza europeista-antirazzista-antisovranista, interpretata da molti come la migliore (per altri: l’unica) risposta delle opposizioni alle scelte del governo, lasciano più che altro lo spazio di una domanda: che cosa era, quella piazza di Milano? Dalla bella copertura dell’evento fornita dal Post, si potrebbe prendere in prestito, e trarne uno spunto simbolico, il video dell’intervento al comizio di un uomo di colore, un attivista di una delle tante associazioni promotrici, forse senegalese, camicia e cravatta, un immigrato integrato di quelli su cui nemmeno un leghista avrebbe da ridire. A un certo punto ha detto, rivolgendosi a Salvini: bisogna capire che questa politica di chiusura ci sta portando verso la crisi economica, sono già stati persi quaranta miliardi di euro. Cifra più cifra meno, che fra i tanti saliti sul palco, tra i tanti e troppi slogan, alcuni stantii, altri soltanto retorici, in ogni caso incapaci di forare le orecchie tappate dell’“altra Milano”, dell’altra Italia maggioritaria che la pensa esattamente come Salvini e Orbán, l’unico a buttare lì un argomento di concretezza, il disastro economico di un paese che vuole voltare le spalle all’Europa, sia stato un immigrato. Non un politico. Non un politico professionale.

    

La manifestazione “Europa senza muri” non è stata la scampagnata dopolavoro o il flop che gli attivisti social, e i commentatori della destra, hanno raccontato. Non è stata nemmeno la spallata alla linea del titolare del Viminale (con l’illusione che esista effettivamente una spaccatura dentro la maggioranza) che molti a sinistra sognavano. Era promossa, in prima istanza, dall’associazione Insieme senza muri, la sigla che aveva già organizzato la manifestazione del 20 maggio 2017 a favore dello ius soli. E contro le scelte del ministro dem dell’Interno, Marco Minniti. A prendersi politicamente la scena, e gli insulti di Salvini e quindi le medaglie, è stato l’assessore al Welfare Pierfrancesco Majorino, grande regista anche del maggio 2017, esponente del Pd, dell’area sinistra da sempre pugnace contro il “partito di Renzi”, ma anche lo fu contro il governo Gentiloni-Minniti in tema migratorio. Se la si vuole giudicare sotto il profilo della rappresentanza politica, la piazza di martedì non è stata niente di nuovo. C’erano Pippo Civati e Laura Boldrini, dalle vacanze balinesi il sindaco Beppe Sala ha aderito con un post, “ci attende un autunno non facile. Milano non cambierà di un millimetro il suo modo d’essere. Diritti e doveri, Lavoro, tanto lvoro. Solidarietà. Apertura al mondo”. Il consueto abbrasson-nous pre politico che contraddistingue l’equilibrio pre politico del sindaco. Non una nuova e più agguerrita opposizione. In generale. hanno prevalso gli slogan allarmisti-buonisti, le grida no pasaran che da oltre vent’anni lasciano il tempo che trovano, e hanno solo fatto da concime al crescere del consenso della destra, e al rancore frustrato di una parte crescente dell’elettorato popolare. Ma soprattutto, come è stato da qualcuno notato, l’agglomerato era in piazza anche contro Minniti, cioè con l’unico tentativo realista di gestione delle tematiche di immigrazione e sicurezza messo in campo dalla sinistra in anni e anni di retorica crescente e diminuzione del consenso.

E’ più interessante prendere nota dell’altra piazza, quella non partitica, che è stata la vera protagonista della manifestazione. Come ha ricordato il presidente delle Acli Roberto Rossini, intervistato da Vita.it, “In tanti hanno targato quella manifestazione come espressione dell’opposizione al governo ma era molto più eterogenea”, ricordando che l’humus dell’accoglienza milanese – che ha contribuito a gestire in questi anni più di un’emergenza, a partire da quella dei profughi siriani – è un’arcipelago sommerso e non politico. “Abbiamo partecipato perché convinti che l’immigrazione sia una opportunità economica e sociale”, ha sottolineato Rossini. Uno dei pochi a ricordarlo, come l’amico immigrato sul palco di San Babila.

Maurizio Crippa

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  • "Maurizio Crippa, vicedirettore, è nato a Milano un 27 febbraio di rondini e primavera. Era il 1961. E’ cresciuto a Monza, la sua Heimat, ma da più di vent’anni è un orgoglioso milanese metropolitano. Ha fatto il liceo classico e si è laureato in Storia del cinema, il suo primo amore. Poi ci sono gli amori di una vita: l’Inter, la montagna, Jannacci e Neil Young. Lavora nella redazione di Milano e si occupa un po’ di tutto: di politica, quando può di cultura, quando vuole di chiesa. E’ felice di avere due grandi Papi, Francesco e Benedetto. Non ha scritto libri (“perché scrivere brutti libri nuovi quando ci sono ancora tanti libri vecchi belli da leggere?”, gli ha insegnato Sandro Fusina). Insegue da tempo il sogno di saper usare i social media, ma poi grazie a Dio si ravvede.

    E’ responsabile della pagina settimanale del Foglio GranMilano, scrive ogni giorno Contro Mastro Ciliegia sulla prima pagina. Ha una moglie, Emilia, e due figli, Giovanni e Francesco, che non sono più bambini"