PRTTTTT… In una sigla tutto Pannella, impenitente ottimista e visionario

Guido Ceronetti
L'obiettivo di Marco era che il Partito Radicale restasse, libertariamente, una adunata di refrattari, di trasgressori, di non pentiti

La prima cosa che mi venga in mente per dire di Marco, è che sia meglio rinunciare a rinchiuderlo in uno schema e ricordarsi di una infallibile parola di Spinoza: omnis determinatio est negatio. Nessuna casacca di politologo, nessuna ingessatura culturale gli si conforma. Il premio di Inquieto dell’Anno che in questa stagione viene dato a Finalborgo, così come il Nobel per la Pace, non vedrebbero la reale misura. Meglio non dargli nessun premio, meritandone troppi. Neppure la forma-partito, ormai decrepita, pur avendo Marco nell’approssimativo calco radicale trovato la sua figura, gli si poteva adeguare. Infatti creò una formula alchemica a sua immagine: il Partito transnazionale la cui unica lingua comune non poteva essere che un babelico esperanto.

 

Non so in che anno, molti anni fa, incontrai un amico che mi disse: vieni con me al Partito radicale, ti mettono in lista subito, candidano chiunque. Ci vado, infatti vengo subito messo in lista. Presi senza motivo ventinove voti, ma credo tutto venisse annullato per perdersi nei brogli perché bisognava vincesse il candidato surrettiziamente comunista, che era l’ex capo del Cln Franco Antonicelli. Non so se già allora Pannella facesse parte dei Radicali. Marco prese per sé il Partito radicale avendo cura che non divenisse mai un partito di massa e trascurò a lungo che avesse una rappresentanza parlamentare. Il suo obiettivo era che restasse, libertariamente, una adunata di refrattari, di trasgressori, di non pentiti, annettendosi uno spazio senza limiti, ma con un fine preciso di medico politico senza frontiere: il Partito radicale transnazionale – nonviolento – transpartito, allungabile all’infinito (transreligioso- transessuale), fino a mordersi la coda in via di Torre Argentina 76. Quel nome non è siglabile – PRTTTT – (di peggio, in extenso, non c’è che l’Iban).

 

Tuttavia anche in questo suo squarcio d’utopia Pannella sembra tracciare un avvenire creativo guardando di là dal muro e fa della transnazionalità nonviolenta una strada maestra come viene vista da Dostoevskij nei Demoni, una strada che “contiene  un’idea”. I partiti nazionali italiani poteva ormai ripudiarli in blocco o schernirli, senza rinunciare ad essere amico di tutti loro. La sua chiave, il suo passepartout carismatico apriva tutte le porte e i portoni. Si alleò una sola volta con un partito ai limiti dell’esistenza: il socialista, e ne nacque l’associazione della Rosa nel Pugno che trovò un notevole consenso e resta da rimpiangere. Soprattutto gli piaceva incarnarsi in associazioni conviventi nell’unico grembo radicale, sostenute dalla medesima intrepida radio: Luca Coscioni, Certi Diritti, Nessuno tocchi Caino, Non c’è pace senza giustizia… Mi duole non aver stabilito un contatto con lui prima del 1998. Fu quando, dopo accanita persecuzione giudiziaria fu dato l’ergastolo in eterno a Eric Priebke, e io mi feci inviare dalla Stampa a intervistarlo a Forte Boccea. La contrarietà a quella condanna fu espressa per primo da Indro Montanelli seguito da Pannella, da Sgarbi, velatamente dal Rabbino Toaff, e dalla mia intervista. Anni dopo la Stampa pubblicò le lettere amichevoli scambiate tra il reietto creato mostro mediatico e la vedova Montezemolo, evento che salvò l’onore del giornalismo italiano.

 

Molti anni dopo rividi Marco per una felice idea che ebbi di andare a un congresso radicale a Chianciano. Guarda – pensai durante quell’incontro – come con questo impenitente ottimista e corrosivo politico visionario, al quale mi accomuna il carico tragico degli anni, mi sia facile l’avvicinamento reciproco per il suo straordinario dono della simpatia e dell’amicizia umane!
Pannella ebbe un’amicizia fraterna con il Dalai Lama di cui Obama si vergognò di mostrarsi apertamente amico. Un altro personaggio con cui strinse una profonda amicizia fu il “prete da marciapiede”, don Andrea Gallo di Genova. Ma, lui, cittadino di Teramo, difficilmente collocabile in una nazionalità, si può vederlo coi colori e la bandiera sventolante da nessuno adottati, del Tibet, che solo a nominarlo come realtà rigorosamente autonoma, fa digrignare i denti al potere cinese.
A Pannella il Tibetano una rosa di maggio. Addio Marco.

 

Il filosofo ignoto

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