
Ansa
Preghiera
Chi è contro gli allevamenti intensivi non fa un uso intensivo del cervello
Allevare gli animali semibradi è un lavoro pesantissimo che porta un guadagno minimo, mentre gli stessi animali rischiano di essere attaccati e uccisi dai loro predatori. Ma questo Giulia Innocenzi e le sensibili signorine di città non lo sanno
Gli allevamenti estensivi richiedono lavoro intensivo, chi vuole il bene degli animali vuole il male degli allevatori oppure, semplicemente, non fa un uso intensivo del cervello. Sono andato a trovare sulla collina piacentina un amico autarchico che con pochi altri maniaci coltiva piante senza ausilio di trattori e alleva animali semibradi. Un lavoro pesantissimo, un numero di ore infinito, un impegno totale per un guadagno misero. Gli animali vivono nel verde, in una valletta un tempo ricca di vigne e oggi in gran parte di nuovo giungla.
Le signorine sensibili di città saranno contente, gli animali magari un po’ meno: mi racconta l’amico che di tacchini non ne ha più perché sono stati uccisi tutti, uno alla volta, dalle volpi, e che le galline sono quelle sopravvissute agli attacchi delle poiane, capaci di precipitarsi dall’alto e di spezzare il collo alla preda con l’impatto. La natura è terribile, la libertà ha un prezzo molto alto e se i pennuti rischiano di essere mangiati vivi i loro proprietari rischiano di morire di fame o di fatica (solo gli allevamenti industriali consentono agli operatori riposi e vacanze). E comunque, altro che benessere animale: questo pollame vive nel terrore del predatore. Ma Giulia Innocenzi non lo sa.