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La lingua italiana si sta dissolvendo e solo i cantanti ci possono salvare

Camillo Langone

Il pensiero di Kundera è valido per la Cecoslovacchia del passato come per l’Italia del presente: oggi anche l’italiano è una lingua minore, oggi anche gli italiani sanno che dissolversi in un’altra lingua (stavolta l’inglese) darebbe maggiori opportunità ai figli

“Un occidente prigioniero” di Milan Kundera (Adelphi) racchiude due brevi testi. Il primo si intitola “La letteratura e le piccole nazioni” e risale al 1967, alle soglie della Primavera di Praga. Scopro che nell’Ottocento i letterati di lingua ceca “sapevano che una germanizzazione avrebbe semplificato la vita dei cechi, offrendo ai loro figli maggiori opportunità”. E tuttavia scelsero di resistere, e salvarono la loro lingua e la loro cultura. Invece nel ’67 stava esplodendo il problema (per le lingue e le culture) del turismo: “Il peso di molte delle principali lingue mondiali si accresce e, poiché la vita si internazionalizza, quello delle lingue minori si riduce sempre. I piccoli popoli non hanno altro strumento per difendere la propria lingua e la propria sovranità se non il peso culturale della lingua stessa”. Il pensiero di Kundera è valido per la Cecoslovacchia del passato come per l’Italia del presente: oggi anche l’italiano è una lingua minore, oggi anche gli italiani sanno che dissolversi in un’altra lingua (stavolta l’inglese) darebbe maggiori opportunità ai figli. La lingua in cui sto scrivendo, in cui mi state leggendo, sta diventando un dialetto, i letterati non si oppongono e anche se lo facessero non avrebbero lettori: solo i cantanti (i cantanti di successo che scelgono di cantare in italiano) ci possono salvare.

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  • Camillo Langone
  • Vive tra Parma e Trani. Scrive sui giornali e pubblica libri: l'ultimo è "La ragazza immortale" (La nave di Teseo).