L'intervista

“Sulla difesa, la sinistra e l'Italia non possono avere ambiguità”, dice Piero Fassino (Pd)

Francesco Gottardi

“Era necessario ripulire il dibattito dalla demagogia”, spiega il deputato dem dopo il suo accorato intervento alla Camera in materia di sicurezza europea. “M5s e Avs la pensano come la Lega? In una coalizione, certe questioni insindacabili devono contare più del pluralismo interno”

“Era necessario fare chiarezza”, dice Piero Fassino, all’indomani del suo intervento alla Camera dei deputati in tema di difesa europea. “Era necessario ripulire il dibattito dai luoghi comuni demagogici e infondati”: Giuseppe Conte e altri colleghi del M5s avevano appena presentato ordini del giorno alla manovra per definanziare la corsa al riarmo (così l’ha chiamata l’ex premier). “Affermare che l’Italia si sta convertendo in un’economia di guerra è privo di senso”, ribatte l’esponente dem. “Gli investimenti nella difesa servono per evitare di essere aggrediti, non per aggredire. E questa parola, ‘riarmo’, viene evocata strumentalmente per sollecitare forti reazioni emotive: un approccio populista privo di fondamento. Sostenere che la sicurezza non sia oggi una priorità non tiene conto dello scenario entro cui l’Europa si muove: Trump ha detto chiaramente che gli Stati Uniti non intendono più farsi carico degli oneri finora assicurati all’interno della Nato. Dunque dovremo occuparcene noi. Tutti i paesi europei sono chiamati a rispondere con responsabilità”.

  

E senza retorica. “Tutti noi vogliamo un sistema di sicurezza a livello comunitario. Ma ciò significa costruire la progressiva integrazione di 27 eserciti, strutture militari e apparati logistici: ci vorranno anni”, sottolinea Fassino. “E per arrivare a un tale traguardo, non è contradditorio che a livello dei singoli stati membri ci siano investimenti nella difesa funzionali al processo. In questi giorni sono state assunte due decisioni chiave tra Consiglio e Commissione: il via libera al fondo Safe”, il Security action for Europe, uno strumento da 150 miliardi di euro, “e il sostegno finanziario all’Ucraina ricorrendo al debito comune. Peraltro si fa finta di non sapere che le azioni di difesa europee o dell’Onu sono fondate sul “conferimento” di contingenti nazionali: oltre al distintivo casco blu, ciascun reparto ha la sua divisa e le sue gerarchie militari. Di nuovo, nessuna contrapposizione. Affermare il contrario è propaganda”.

   

Fassino aggiunge un particolare: “Mi ha colpito che questo mio intervento sia avvenuto nel silenzio attentissimo dell’intera assemblea”. Travalicando le logiche di maggioranza e opposizione: Pd, Forza Italia, FdI, Azione e Italia viva hanno applaudito a lungo l’onorevole. Dai banchi di Lega, M5s e Avs, invece, il gelo. Se ne può trarre una lezione politica? “Sulla sicurezza questi tre partiti hanno posizioni analoghe”, riflette Fassino. “E ho risposto loro nel merito. Non sono ingenuo: un po’ di demagogia fa parte degli spazi del confronto, ma se si supera quella modica quantità allora si rischia d’intossicare l’intera vita sociale. E nella mia esperienza di dirigente della sinistra, ogni volta che si deliberava sugli affari esteri si è sempre cercato il dialogo con chi era al governo: tutte le missioni di pace a cui ha partecipato l’Italia sono state sostenute in Parlamento da voti unanimi o fortemente unitari”.

   

Sarà di nuovo così? “Così dev’essere. La politica internazionale determina l’identità di un paese e la credibilità di ogni forza politica: su questo non si può sbagliare”. Eppure il cosiddetto campo largo versa nella più totale contraddizione. “Sono convinto che alla fine prevarranno le buone ragioni. Lunedì ho votato contro gli emendamenti di Conte e colleghi, mentre il mio gruppo si è astenuto: mi sarei augurato un dissenso ancora più esplicito. Il pluralismo è legittimo, però su alcune questioni fondamentali urge un posizionamento chiaro e netto: per adesso non c’è ancora. Dobbiamo lavorarci”. Con questa leadership, Schlein a dettare l’agenda a Conte? “La nostra leadership non è in discussione. Basta sapere che esistono temi cruciali non sindacabili. E vanno sottolineati con forza: sulla difesa e sul suo ruolo europeo e globale, l’Italia non deve avere reticenze o ambiguità”.

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