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Intervista

Cardini: “A destra leggono quasi solo Tolkien. Veneziani ha ragione”

Ginevra Leganza

Nello scontro con il ministro della Cultura Alessandro Giuli il medievista dice che l'intellettuale "ha posto un problema importante. Ha richiamato l'esistenza di una cultura di destra che in questo momento è appannata"

“C’è Marcello Veneziani che, da buon studioso, pone un tema interessante. E poi c’è il ministro Alessandro Giuli, che gli risponde acremente. Devo ammettere che la polemica m’interessa”, dice al Foglio il medievista Franco Cardini. Le polemiche fanno quasi sempre bene, professore. Preservano dal ristagno. Rendono l’acqua tersa. E’ così? “Altroché. Certo non parliamo di una polemica da circolo culturale, intendiamoci”. Non è D’Annunzio che dice “cretino fosforescente” a Marinetti? “No. Ma Veneziani ha posto un problema importante. Ha richiamato l’esistenza di una cultura di destra che in questo momento è appannata”. Ha anche scritto che il governo, in tutte le sue espressioni, ripiega su un “mimetismo democristiano”. E’ d’accordo? “No. Non sono d’accordo col tono spregiativo che si dà all’aggettivo democristiano, visto che di cultura democristiana erano Carlo Bo e Vittore Branca, non proprio gli ultimi arrivati. A dire il vero, neppure credo che Giorgia Meloni abbia dimenticato o rinnegato la sua cultura. Penso però che in questo momento la ragazza abbia…altre priorità”. Giuli sostiene che Veneziani covi rancore. Che sia mosso da ragioni personali.

 

“Veneziani osserva soltanto, e a ragione, che la destra di governo promana dalla destra missina. Una destra che ha molte anime culturali, oggi sommerse. Dalla filosofia di Gentile al cattolicesimo di Del Noce, dall’area futurista di Soffici sino al tradizionalismo evoliano, con sbocco neopagano, che anche Giuli conosce bene, vista la fase in Meridiano zero. C’era una cultura viva, sino a non troppo tempo fa. Un sottobosco di emarginati brillanti”. Cos’è rimasto? “E’ rimasto Atreju”, punge il medievista che non osa farsi etichettare “storico” e che ripete: “Anch’io, pur con tutti gli amici comunisti, ho il peccato originale”. (Di essere di destra). “Anch’io ho i miei ‘Scheletri nell’armadio’, come racconto nel libro appena ripubblicato dalla casa editrice Diana”. Gli “scheletri” lei li aveva già raccontati nel ’95. Trent’anni dopo, diceva, è rimasto Atreju. “Sì. E lì si parla quasi solo di Tolkien”. Destra leggera, anzi leggerissima? “Beh, Tolkien è un fenomeno di massa. Quando Veneziani dice che questo governo è senza infamia né lode penso si riferisca all’assenza, nel dibattito, di Jünger e Pound. Che sono confinati in circuiti d'ignoranza come Casa Pound. Fu Cacciari, da sindaco di Venezia, a celebrare Pound allorché la destra non manifestava maggiore entusiasmo di oggi. Dopodiché penso che la polemica accenda un faro sull’esistenza di Giuseppe Berto, per esempio. Oppure di Ettore Paratore, di Antonino Pagliaro, di Alfredo Cattabiani. Persino di Antonio Pennacchi che con ‘Canale Mussolini’ ha scritto i ‘Promessi sposi’ del XX secolo”. Ad Atreju non li leggono? “Meloni conosce benissimo tutte queste cose, per non dire di Giuli. Ma ora le priorità sono altre. Le polemiche culturali, invece, sono un bene sempre”.

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