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Passeggiate romane
Schlein manda messaggi contraddittori sul Congresso e teme la visibilità di Salis
Gli interlocutori della leader dem non hanno ancora capito se la segretaria abbia veramente l'obiettivo dell'assise nazionale in testa, o se lo usa a mo’ di minaccia per mettere a tacere gli avversari interni. Incertezze e strategia
Interpretare il vero pensiero di Elly Schlein è un’impresa che al Pd ossessiona più di un dirigente di quel partito. E questo non perché la segretaria sia una sorta di sfinge enigmatica che non parla. Anzi, semmai, per l’opposto. La leader dem lancia messaggi che alle orecchie dei maggiorenti pd appaiono contraddittori. Si prenda, per fare un esempio di attualità, la questione del Congresso. Schlein ha detto (e continua a dire) a più di un dirigente del Partito democratico che lei vuole andare alle assise nazionali, che, come fa osservare Dario Franceschini, bisogna comunque tenerlo l’anno prossimo perché le elezioni politiche sono nel 2027 e fare il congresso in un anno elettorale non è opportuno. Ma gli interlocutori della leader dem non hanno ancora capito se la segretaria ha veramente questo obiettivo in testa, o se lo usa a mo’ di minaccia per mettere a tacere gli avversari interni e sopire le fibrillazioni nel Pd. Insomma, è un obiettivo o un’arma? Impossibile comprenderlo, benché qualche sospetto sia sorto nella mente di più di un dem quando Schlein, nell’ultima riunione della segreteria, abbia parlato della necessità di fare una conferenza programmatica tra febbraio e marzo. Ora, un partito che si prepara a un congresso è difficile che faccia prima una conferenza programmatica. Cosa ha allora veramente in testa la segretaria? Ah, saperlo.
Nel frattempo, per quanto sia sicura di essere lei, alla fine la candidata premier del centrosinistra alle elezioni politiche del 2027, Schlein che recentemente sembrava meno presa dai sospetti nei confronti dei suoi possibili competitor, negli ultimissimi giorni sembra di nuovo coltivare dubbi. Raccontano che non le sia piaciuta affatto la mega intervista che il Venerdì di Repubblica ha dedicato a Silvia Salis. E’ vero che sull’inserto del quotidiano romano la sindaca di Genova ha insistito sul fatto che non ci devono essere le primarie e che bisogna accettare il leader che è stato scelto, ma tutto quello spazio e quel protagonismo hanno disturbato la segretaria. Come l’ha inquietata il fiorire successivo di autocandidature per le primarie. Prima Ernesto Maria Ruffini, poi Alessandro Onorato, tutte personalità che non potrebbero mai vincere la sfida dei gazebo ma, in compenso, potrebbero rendere meno netta la vittoria di Schlein alle primarie contro Giuseppe Conte. Insomma, la tendenza che sembra prendere piede, ora, è quello di tenere le primarie come piano B, o, forse, C: l’ultima spiaggia se proprio non si trova un’altra soluzione, come quella adesso più gettonata al Nazareno, di candidare a palazzo Chigi il/la leader del partito che prende più voti. Almeno su quello c’è più che un margine di sicurezza. Sarà sempre il Pd la forza politica delle opposizioni che otterrà un maggior numero di consensi.
Elly Schlein continua a non occuparsi del referendum sulla giustizia. E’ vero, all’ultima Assemblea nazionale del Partito democratico ha annunciato che i dem si impegneranno in quella sfida, ma è stato solo un passaggio. Poi non ne ha più parlato. L’attenzione della segretaria dem è sempre rivolta ai sondaggi. Adesso sembrano più favorevoli al No di quanto lo fossero un mesetto fa, ma Schlein preferisce attendere un altro po’ prima di decidere se scendere in campo con grande visibilità o limitarsi a dare il suo sostegno al No senza esporsi troppo. La decisione su questo fronte è rinviata a febbraio del 2026.