Il colloquio
Sallusti: "Del Vecchio al Giornale? Aria nuova. Io mi dedicherò al referendum"
L'ex direttore del Giornale: "Sarò il portavoce del comitato Sì riforma. Non me l'ha chiesto Meloni, ma Nicola Zanon". Leonardo Maria Del Vecchio? "Interessante. La vendita di Rep. ha generato un effetto domino"
Roma. Direttore Alessandro Sallusti, dopo l’addio al Giornale, il suo Sì al referendum. E’ stata la premier Meloni a chiederle di diventare portavoce del comitato Sì riforma? “No. E’ stato Nicola Zanon. Sono pronto a consegnarle il telefonino”. Non oseremmo prenderlo. Piuttosto, ci piacerebbe sapere cosa pensa degli ultimi movimenti nel Giornale. Il trentenne Leonardo Maria Del Vecchio ha acquisito il 25 per cento da Paolo Berlusconi e il 5 dagli Angelucci. Che idea si è fatto? “Che dire... Penso che se Del Vecchio porterà un po’ d’aria fresca nella old economy editoriale sarà soltanto un bene”.
LMDV, si dice, è la nuova Milano. Lei lo conosce? “No, non precisamente. Ci siamo incontrati qualche volta e scambiati il saluto. Però posso dire che mi sembra un uomo di relazioni, non so se ereditate o costruite, e che guardo con interesse all’avvicinamento del suo mondo alla carta stampata”. Prima del Giornale, ha corteggiato anche Rep. “Ecco, interessante è quello che il caso Gedi ha determinato nel mondo dell’editoria”. Cos’ha determinato? “Un terremoto che secondo me andrà ben oltre Repubblica. I gruppi editoriali sono oggettivamente impantanati. E si creerà, come sta avvenendo, un effetto domino”. Una vendita tira l’altra? “Gli scossoni sono anche salutari”. Parafrasando Kavafis, anziché i barbari aspettavamo i greci. “Gli shock possono far bene”. Chissà.
Non è certo uno shock, comunque, il Sì di Sallusti alla separazione delle carriere. Incuriosisce però il suo nuovo impegno. Com’è accaduto? “Come le dicevo, mi ha telefonato Zanon. L’esigenza era di coinvolgere un volto noto al grande pubblico, dal momento che il referendum si rivolge al popolo. Io non ho esitato”. C’entra la sua vicenda personale? “Sì. Tutto nasce dall’intesa, neanche troppo tacita, tra un giudice e un pm che provocarono la mia ingiusta detenzione. La seconda motivazione, poi, consiste nella mia vicinanza, politica e personale, al presidente Berlusconi. Della sua odissea colsi gli aspetti drammatici dal ‘94. Da quando mi fu consegnato l’avviso di garanzia che la procura di Milano volle far circolare nel giorno in cui avrebbe ferito di più il presidente. E poi c’è una terza ragione…”. Quale? “Sono stato il confessore di Luca Palamara. Nel 2022, l’ex presidente dell’Anm mi raccontò cose che noi umani non potevano neppure immaginare”.
A proposito della sua vicenda, la Corte europea dei diritti dell’uomo condannò lo stato italiano per violazione della libertà di espressione. “Fui risarcito, sei anni dopo, con 11.800 euro. E anziché devolvere la somma in beneficienza, come usa fare, la spesi in champagne per festeggiare coi pochi amici che mi furono vicini”. Chi erano? “A parte rarissime eccezioni, nessuno del nostro mondo. Del resto, alla riforma manca un tassello: la separazione delle carriere tra giudici e giornalisti”. Forse anche tra giudici e artisti? “Non può immaginare quanti artisti, molto famosi, mi ripetono lo stesso ritornello”. Quale? “Direttore, la penso come te ma non posso dirlo, altrimenti non mi fanno lavorare”. Chi gliel’ha detto? “Non sarebbe giusto rivelarlo. Ma coinvolgere chi ha il coraggio di esporsi, ed emanciparsi dalla sinistra, è il lavoro che ci aspetta nelle prossime ore”.
Nelle prossime settimane lei sarà anche a teatro, con lo spettacolo “Pregiudicato”. Incrocerà urne e platea? “Il comitato si è insediato ieri, lo spettacolo è stato concepito molto prima. Sono progetti slegati che alla fine si incontreranno, sì”. Pregiudicato, perché? “Il pregiudicato sono io. E lo sono, in primis, perché condannato in via definitiva. E poi perché chi la pensa come me è sempre un pregiudicato. Ovvero un ‘fascista’. Ciò detto, la battaglia per la separazione delle carriere è tutto fuorché di destra: cito soltanto Giuliano Vassalli. Ma a sinistra non la smettono di prendersi, e prenderci, per il culo”. In che senso? “Nel senso che ci sarebbero motivi seri e rispettabili per votare contro la riforma. Ma loro tirano fuori il più infondato. L’idea che i pm finiranno sotto l’esecutivo”. Falso? “Beh, basta guardare ai procuratori nazionali antimafia passati direttamente a incarichi politici nel Pd o nel Movimento 5 Stelle. Ecco, semmai è la politica assoggettata ai giudici”.