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Lo studio

Quote del decreto flussi insufficienti e crisi demografica. Cosa dice il rapporto dell'Onc sull'immigrazione

Secondo il report "Conoscere per includere", gli ingressi previsti nel triennio 2023-2025 "risultano insufficienti rispetto alle esigenze del mercato del lavoro e alle aspirazioni dei migranti". Servono interventi per "ampliare e rendere più efficaci i canali di ingresso e di inclusione lavorativa"

Le quote programmate dal decreto flussi "risultano insufficienti non solo rispetto alle esigenze del mercato del lavoro, ma anche rispetto alle aspirazioni dei migranti stessi: le domande presentate nei click day eccedono sistematicamente i posti disponibili, mentre il fabbisogno stimato resta nettamente più alto". È quanto ha rilevato l'ultimo Rapporto sull'immigrazione 2025 "Conoscere per includere", un'indagine condotta dell'Organismo Nazionale di Coordinamento per le Politiche di Integrazione (Onc) e presentata dal Cnel, in occasione della Giornata internazionale dei migranti. Lo studio ha rilevato che nel 2025 in Italia ci sono 5,4 milioni di stranieri residenti, pari al 9,2 per cento della popolazione complessiva, mentre i nuovi cittadini italiani, che in precedenza erano stranieri, ammontano a circa due milioni. Ma, in un focus sull'impatto degli stranieri sul mercato del lavoro, l'Onc ha posto l'attenzione sul decreto flussi del governo di Giorgia Meloni evidenziando la necessità di intervenire sulla loro programmazione per "ampliare e rendere più efficaci i canali di ingresso e di inclusione lavorativa, con un duplice obiettivo: offrire ai lavoratori non comunitari reali percorsi di integrazione e, al tempo stesso, rispondere alle esigenze di sviluppo del paese".

 

I problemi della programmazione delle quote nel decreto flussi

Il report snocciola alcuni dati: a partire dal 2004, la quota di potenziali lavoratori residenti, con un'età compresa tra i 15 e i 64 anni, negli ultimi vent'anni è scesa dal 66,7 per cento al 63,5 per cento e si prevede che raggiungerà il 54,3 per cento nel 2050. Lo studio riconosce quindi che "il declino demografico strutturale rende la manodopera immigrata un fattore strategico necessario alla sostenibilità economica e sociale del paese". E, nonostante l'Istat preveda un graduale aumento dei tassi di attività nelle fasce più anziane dovuto dall’innalzamento dell’età pensionabile e dalla maggiore partecipazione delle donne, questi incrementi "pur essendo fondamentali per sostenere il sistema economico e previdenziale – si legge nel report – non sono sufficienti per invertire la tendenza demografica negativa". La manodopera straniera quindi "potrebbe rappresentare una delle principali leve strategiche per compensare il fabbisogno generato dal necessario turnover occupazionale". In questo contesto, l’Italia con il governo di Giorgia Meloni è tornata a programmare i flussi di ingresso per il lavoro sia subordinato, stagionale e non stagionale, sia autonomo dei cittadini non comunitari tramite una pianificazione triennale: per il 2023 la quota programmata era di 136 mila ingressi, per il 2024 la quota è stata portata a 151 mila, per il 2025 invece è stata fissata una quota di 165 mila, il valore più elevato del triennio. A ottobre 2025 è stata pubblicata invece la nuova programmazione triennale che prevede l’ingresso di 164.850 migranti nel 2026, di 165.850 nel 2027 e di 166.850 nel 2028.

 

Lo studio sottolinea però che al momento "sembra impossibile fare il punto sui reali effetti dei decreti flussi sul mercato del lavoro. Sappiamo infatti che le quote sono state pienamente sfruttate con i click day e molti stranieri non sono riusciti a rientrare tra gli ammessi alla valutazione". Ma, se guardiamo ai dati Istat sui nuovi permessi di soggiorno rilasciati negli ultimi anni per attività lavorativa, notiamo che le cifre risultano molto più basse delle attese: nel 2023 sono stati rilasciati 38.978 nuovi permessi e 40.451 nel 2024. Numeri che, prosegue il report, "pur segnalando una ripresa negli ingressi di lavoratori, rispetto agli anni precedenti, non restituiscono nemmeno l’ammontare programmato nel decreto flussi 2023-2025". Il vero problema, nota l'Onc, è che il fabbisogno reale di manodopera supera quanto previsto nei decreti flussi, "anche tenendo conto delle altre categorie di migranti che arrivano in Italia e possono lavorare, come i ricongiunti familiari o i richiedenti asilo. Inoltre, le quote stabilite spesso non rispecchiano le effettive esigenze del mercato del lavoro, mentre procedure come il click day privilegiano la velocità della presentazione delle domande rispetto alla congruenza con i fabbisogni produttivi”.
 

Come la demografia cambierà il mercato del lavoro

In un altro passaggio, lo studio sottolinea come il costante aumento della popolazione straniera avvenga in un quadro di un netto declino della popolazione di cittadinanza italiana, fungendo quindi da "ammortizzatore" del regresso demografico. Dal 2012 al 2024, i cittadini italiani sono diminuiti di 2,27 milioni di unità, invece la popolazione residente straniera è aumentata di 1,10 milioni, dimezzando sostanzialmente la flessione del dato complessivo dei residenti. Però dal 2014 la diminuzione della popolazione italiana, diversamente da quanto accadeva negli anni precedenti, ha trovato solo una parziale compensazione nel contributo netto positivo sul fronte delle migrazioni internazionali, questo vuol dire che l'efficacia della componente straniera come ammortizzatore demografico sta diminuendo. Mentre nel periodo 2012-2019 la crescita degli stranieri ha compensato circa il 60 per cento delle perdite subite dagli italiani, nel successivo quinquennio 2020-2024 la stessa compensazione è avvenuta solo per il 35 per cento, a causa della pressione esercitata dal saldo naturale negativo e dalle perdite derivanti dall'emigrazione italiana.

 

Il declino demografico comporterà inevitabilmente dei cambiamenti nel mercato del lavoro e, come evidenzia il report, il settore della cura degli anziani sarà uno di quelli che richiederà in futuro forza lavoro straniera. Secondo alcune stime, si prevede che in Italia, a inizio 2026, "il fabbisogno complessivo di manodopera (regolare e irregolare) nel comparto della cura alla persona sarà di circa 939 mila lavoratori". Mantenendo le proporzioni che emergono dai dati Inps, si stima che il 72,2 per cento di tali assistenti familiari, pari a circa 678 mila unità, siano stranieri. Nel periodo 2025-2029 nel Rapporto Unioncamere del 2025 si stima un fabbisogno da parte dei settori privati di circa 617 mila lavoratori stranieri, oltre un quinto della domanda totale di lavoro (21,1 per cento). Più della metà della domanda di lavoratori stranieri sarà assorbita dai settori dei servizi (54 per cento), mentre l’industria rappresenterà il 40 per cento della domanda complessiva. Il comparto agricolo, invece, coprirà il restante 6 per cento, con un fabbisogno stimato in poco più di 37 mila unità.

In alcuni settori la domanda di forza lavoro immigrata sarà particolarmente elevata. Tra questi spiccano la moda, la mobilità e logistica, l’agroalimentare, le costruzioni e infrastrutture, e il legno e arredo. Ai vertici della graduatoria c'è il “commercio e turismo”, con 133 mila lavoratori che rappresentano il 22 per cento del totale del fabbisogno. Al secondo e al terzo posto troviamo “costruzioni e infrastrutture” e le “altre filiere industriali” che includono, in particolare, le industrie della chimica, della gomma e delle materie plastiche, della carta, cartotecnica e stampa e le Public Utilities.

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