discussione in senato
In nome del Tatarellum, prove di dialogo sulla legge elettorale
Confronto bipartisasn a Palazzo Madama. Da La Russa a Calenda, passando per Violante: alla ricerca di un sistema perfettibile, tra ricordi del 1995 e sfide di oggi
Si discute di legge elettorale a trent’anni dal Tatarellum, il sistema in uso in molte regioni. E si discute in Senato, con il patrocinio concesso dal presidente Ignazio La Russa, anche pilastro di FdI, ma con parterre bipartisan: se da un lato, infatti, ci sono la fondazione Tatarella (che porta il nome di un uomo simbolo della destra-destra dialogante) e il presidente della commissione Affari Costituzionali del Senato Alberto Balboni, sempre esponente di FdI, dall’altro siedono l’ex presidente della Camera, ex magistrato ed ex parlamentare storico del Pd Luciano Violante, oltre al senatore e leader di Azione Carlo Calenda, nel giorno in cui da più parti se ne parla: si dice a favore del “modello regionale” con preferenze e indicazione Maurizio Lupi per Noi Moderati; favorevole a una discussione “nell’alveo costituzionale” Filiberto Zaratti per Avs; non favorevole a un cambio su due piedi, per ragioni scaramantiche, il presidente leghista della Camera Lorenzo Fontana (gli risponde indirettamente La Russa: “Da presidente del Senato ho l’obbligo di non accelerare e di non rallentare, e anche di non affidarmi alla scaramanzia”).
Si cerca, sulla scia dell’esperienza o del ricordo, non la legge elettorale perfetta ma perfettibile: deve garantire stabilità, governabilità e rappresentatività. Si parte dalle criticità della legge attuale: “Abbiamo vinto anche perché a sinistra erano divisi in tre”, dice Balboni: “Non si tratta di cambiare la legge perché, come dicono i nostri avversari, ‘la destra ha paura di perdere’. Noi vogliamo evitare la palude, con questa legge è sempre probabile il pareggio. O gli altri forse la auspicano, la palude?”. Arriva Calenda, zaino in spalla, La Russa lo loda per l’attitudine a confrontarsi nel merito e non per partito preso, e Calenda ringrazia. Moderati dal giornalista del Corriere della Sera Francesco Verderami, i relatori vanno con il pensiero all’anno di nascita del Tatarellum: 1995, dopo la caduta del governo Berlusconi e la nascita del governo Dini. Violante sorride. “Vogliamo parlare di quella legge o della prossima?”, dice, rievocando i tempi in cui i governi Dc cadevano, ma la sostituzione del premier in base alla corrente vincente a questo o a quel congresso della Balena Bianca non comportava un cambio di linea, e comunque, per evitare concentrazioni di potere, nessuno sedeva mai due volte al vertice di uno stesso ministero. Il punto è: trovare un sistema che permetta, chiunque vinca, di andare avanti su importanti questioni che riguardano il paese, dice Violante, “senza chiedere a una legge elettorale quello che non può dare”.
Non siamo sotto l’equilibrio di Yalta (La Russa dice: in effetti “semplificava”) e Carlo Calenda, dal lato proporzionalista della questione, avverte la maggioranza: attenzione, siamo in un momento molto complicato, in una società “dove il conflitto non è più politico ma antropologico”, siete sicuri che all’interno della stessa coalizione non si rischi poi la futura divaricazione di linea sulla politica estera? La Russa, in versione “scolaretto”, dice di “non essere sicuro di nulla”, tranne che del fatto che “l’astensionismo non sia legato al bipolarismo”. Ma si troverà il compromesso in Parlamento, come all’epoca di Tatarella? “La politica costruisce speranza, ci si accordi intanto su quello che non si vuole fare”, è l’auspicio di Violante.