Foto:Ansa.
il futuro di gedi
Schlein si riscopre sovranista e chiede a Meloni di usare il metodo Orbán per Rep.
Fino a ieri la bandiera sventolata era quella dell'integrazione europea, ma oggi Il Pd chiede al governo di usare il Golden power per opporsi alla vendita del giornale di Gedi. Cortocircuiti
Ci mancava solo il Golden power sui giornali. Nella possibile vendita del gruppo Gedi, il problema non è l’imprenditore greco Theodore Kyriakou che vuole comprare, né il proprietario italiano John Elkann che vuole vendere e neppure i giornalisti della Repubblica e della Stampa che si oppongono all’affare. L’acquirente vuole espandere il proprio business editoriale in Italia, il venditore vuole cedere un asset di cui non ha più bisogno e i giornalisti, legittimamente, vogliono difendere il proprio posto di lavoro e la tradizione editoriale delle testate. Ognuno di questi protagonisti persegue il proprio legittimo interesse particolare. Il problema vero in questa storia è il Pd, che invece vuole farla diventare una questione di “interesse nazionale”, invocando un intervento drastico del governo Meloni attraverso l’imposizione del Golden power.
L’idea è venuta a Francesco Boccia, voce della segreteria Schlein: “Di fronte a quanto sta avvenendo nelle redazioni di Repubblica e Stampa, il governo italiano non può restare silente e fermo. Palazzo Chigi deve assumere un'iniziativa immediata di fronte a quella che appare come una vera e propria dismissione di un patrimonio della democrazia italiana”, ha dichiarato il presidente dei senatori del Pd, proponendo di usare il Golden power “per la tutela di beni e capitali strategici di interesse nazionale”. In questo caso l’asset strategico da preservare è un gruppo editoriale che potrebbe finire in mano a “un soggetto straniero che come denunciano i Cdr non offre alcuna garanzia su occupazione, solidità industriale, identità editoriale e qualità dell'informazione”.
La posizione del Pd è davvero difficile da sostenere. Per quanto la normativa e l’ambito di applicazione del Golden power si siano estesi, soprattutto dopo gli interventi legislativi degli ultimi anni, la disciplina ha come obiettivo quello intervenire in settori di rilevanza strategica tradizionali come la difesa e la sicurezza nazionale, e più recentemente nei settori dell’energia, dei trasporti e delle comunicazioni. L’esercizio dei poteri speciali – e quindi l’opposizione ad acquisizioni oppure l’imposizione di prescrizioni specifiche – deve però basarsi su criteri oggettivi e non discriminatori, laddove esista una minaccia di grave pregiudizio per la sicurezza nazionale, per il funzionamento delle reti (di trasporto, di energia e di comunicazione) o per la continuità degli approvvigionamenti. Per giunta la normativa comunitaria presta maggiore attenzione quando gli acquirenti sono soggetti esterni all’Unione europea, soprattutto nei casi in cui si sospetta un forte controllo da parte di governi potenzialmente ostili (tipo Russia o Cina).
Se questo è il quadro, non sembra rientrarci la cessione avviata da Elkann. Kyriakou è un imprenditore greco, quindi dell’Unione europea, già presente nel settore dei media e appartenente a una famiglia di armatori. Non si capisce bene quale sia l’asset strategico né quale sia l’interesse nazionale minacciato. Il futuro dei giornalisti e la linea editoriale sono elementi importantissimi, comuni a qualsiasi crisi d’impresa, pertanto è pienamente giustificabile chiedere chiarezza sul piano industriale al nuovo investitore. Ma nulla di tutto ciò riguarda la sicurezza nazionale.
Al di là del quadro normativo che esclude la possibilità di un utilizzo dei poteri speciali in un caso del genere, l’invocazione del Golden power pone enormi contraddizioni politiche alla linea del partito di Elly Schlein. Il responsabile Economia del Pd, Antonio Misiani, ha correttamente contestato l’uso del Golden power da parte del governo Meloni nel caso Unicredit-Banco Bpm: un intervento a gamba tesa che, per un obiettivo politico ha usato la formula della “sicurezza nazionale” senza delle ragioni solide e oggettive. Non a caso, come sottolinea il Pd, la Commissione europea ha aperto una procedure d’infrazione contro l’Italia per l’uso arbitrario del Golden power. Non vale come giustificazione che in quel caso l’operazione era tutta tra italiani, mentre ora riguarda uno “straniero”.
Anzi, è una contraddizione politica ulteriore. Primo, perché secondo la normativa non c’è alcuna differenza tra un greco e un italiano: sono entrambi soggetti dell’Unione europea. Ma, soprattutto, sul piano politico il Pd nega quello che dovrebbe essere un fondamento della sua identità politica: il mercato unico e l’integrazione europea. Non può il partito della Schlein sventolare un giorno i rapporti di Draghi e Letta (il cui titolo è “Much More than a Market”) e il giorno dopo invocare a caso il Golden power contro un investitore europeo.
L’altra contraddizione politica, quasi surreale, è l’invito a Giorgia Meloni a fare una forzatura “sovranista”, contraria al quadro normativo europeo, per difendere un “interesse nazionale” che sarebbe la linea editoriale anti-governativa di Repubblica. Si chiede, insomma, al governo che quotidianamente viene definito “autoritario” se non “fascista” di intervenire a favore di una voce critica usando i metodi di Viktor Orbán. Lasciando da parte il diritto comunitario, non è un forzatura eccessiva alla logica, oltre che alla linea politica del Pd?