(foto Ansa)
Cambi al vertice?
Tetris al Nazareno. Se Bonaccini passa con Schlein, rimescolamenti in segreteria s'avanzano?
Si attende l'assemblea nazionale pd del 14, dopo le parole di Bonaccini ("ci sarebbero le condizioni" per l'ingresso in maggioranza)
Entrare in maggioranza da ex simbolo della minoranza dem, sì, ma come? Ed è sul “come” che oggi si dibatte dentro, fuori e al limitare del Nazareno. Anzi: ci si arrovella sul modo in cui quel “come” potrà essere foriero di altri smottamenti, anche sotto forma di rimescolamento ai vertici. Antefatto: l’eurodeputato pd Stefano Bonaccini, ex presidente della Regione Emilia Romagna ed ex candidato alle primarie dem in quel 2023 in cui non si vide arrivare Elly Schlein, se n’è uscito in tv, due giorni fa, su Rai3, a “Lo stato delle cose” e al cospetto di Massimo Giletti, dicendo che “ci sarebbero le condizioni” per entrare nella maggioranza schleiniana, pur essendo stato finora al vertice della minoranza, per “lavorare insieme ancora più uniti”. Giri immensi? “Non tanto”, dice un parlamentare dem convinto che, in realtà, “Bonaccini sia sempre stato dov’è, spostandosi passo dopo passo in modo impercettibile”. Ma non soltanto ci si interroga, tra i dem, sulla natura del possibile trasbordo sull’altra sponda della baracca e sulle eventualmente magnifiche sorti della corrente bonacciniana “Energia popolare” (la domanda che corre tra i Palazzi è: resterà minoranza, staccandosi dal fondatore, o diventerà con lui parte del nuovo correntone schleiniano accanto alle già presenti componenti facenti capo a Dario Franceschini, Roberto Speranza e Andrea Orlando?). Ci si chiede anche se e come cambierà, con la destinazione di Bonaccini, la stessa segreteria dem, corpaccione schleiniano composto da ventuno figure non tutte note ai più, vista la gestione finora così centralizzata impostata dalla segretaria che, dopo la vittoria al congresso, non ha nominato alcun vicesegretario. E dunque, se davvero domenica 14, giorno di assemblea nazionale, Bonaccini annunciasse il cambio di fronte che troppo cambio non è (dice un deputato pd: “Sarebbe più che altro la presa d’atto di uno slittamento”), si potrebbe presentare l’occasione per un intenso Tetris, un rompicapo fatto, nel caso del Pd, di possibili cambi e innesti, capaci, da un lato, di disinnescare le precedenti critiche di dirigismo piovute in capo a Schlein, e al tempo stesso di premiare l’ex avversario in avvicinamento, per esempio “nominando finalmente un vice”, dicono in zona Nazareno, e proprio nella persona di colui che siede al vertice della corrente “Energia popolare”: ovvero Alessandro Alfieri, senatore, responsabile Pnrr e Riforme in segreteria nonché uomo ponte tra Schlein, i riformisti soft bonacciniani e i riformisti duri e puri alla Pina Picierno, Filippo Sensi, Giorgio Gori, Lorenzo Guerini, Lia Quartapelle, Marianna Madia, Simona Malpezzi e Graziano Delrio. Non solo: tra Napoli e Roma (in Parlamento e negli studi televisivi) rimbalza sempre più spesso la voce del segretario regionale dem e deputato Piero De Luca, figlio dell’ex governatore Vincenzo ma soprattutto, dice un esponente campano del Pd, “alchimista della prossima giunta di Roberto Fico” (nel senso degli equilibri tra eletti dem e non). E se il deputato schleiniano napoletano Marco Sarracino potrebbe presto — altra ipotesi — consolidare il ruolo di figura chiave in loco in direzione della vicepresidenza della Regione Campania appena vinta dal Cinque Stelle Roberto Fico, De Luca junior, colui che a Napoli oggi molto decide, potrebbe essere chiamato in segreteria al posto del plenipotenziario iper-schleiniano agli Enti Locali Davide Baruffi, attualmente anche impegnato come assessore al Bilancio nella Regione Emilia-Romagna guidata da Michele De Pascale. Sarà proprio così, si domandano i più ansiosi tra i dem? Certo è che così, in attesa del 14, nel Pd ci si consulta, e quasi quasi si consultano pure i fondi del caffè.